Cento mortaretti se il Papa non accetta

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
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Cento mortaretti se il Papa non accetta

 Cento mortaretti se il Papa non accetta
Tutti, in diocesi e a Roma, conoscevano ormai la rinunzia fatta da S. Alfonso e si aspettava la decisione del Papa.
Il Cardinale Carlo Rezzonico, veneto (+ 1799), appena conobbe l’allarmante stato di salute in cui versava sant’Alfonso, scrisse: “Sappiate che io prego più il Signore per la di lui salute che per la mia; anzi prego Iddio che abbrevi a me i giorni e li allunghi a quel santo vecchio. La sua vita è troppo preziosa, e di molto vantaggio alla santa Chiesa”. Era il concetto generale che si aveva della santità di Monsignor Liguori.
Anche l’Arcivescovo. di Benevento, creato nel 1775 Cardinale, Francesco Banditi riminese (m. 1796) attestava: “Io prego di continuo il Signore che tolga gli anni a me e li aggiunga a lui, perché la sua vita è troppo utile alla santa Chiesa”. .Sant’Alfonso era il più santo, dotto e zelante dei suoi suffraganei, che brillava nella vastissima archidiocesi come una stella radiosa.
Il Marchese Avena, consigliere di Sua Maestà, sentendone parlare a Napoli, si lamentò: “Mons. Liguori ha fatto male, e gran male. Se stesse a me, lo farei stare in diocesi. Solo la sua presenza bastava per governarla e tener tutti nel dovere”.

Le voci della rinunzia, quantunque smozzicate, camminavano e prendevano consistenza. I dubbi cadevano od aumentavano secondo gli umori: nei caffè si diceva che a Roma si teneva duro. Si domandava ad Alessio una informazione più sicura,.ma il servitore se ne usciva pel rotto della cuffia: “Bisogna vedere come la pensa il Papa“.
Il clero non s’illudeva e vedeva imminente il successore.
Un negoziante di Arienzo, che possedeva poco lontano dalla casa episcopale il suo fondaco e faceva buoni affari, proclamava pubblicamente: “Se viene la negativa, io tengo preparati cento mortaretti per fare una salva, ed una scampanata a gloria di Dio e di Monsignore“. Ed un barista a sua volta aggiungeva: “Se la rinunzia non è accettata, io per allegrezza farò bruciare nel mezzo della piazza un boccale pieno di acquavite.

Sant’Alfonso era il centro della diocesi, e tutti vi facevano capo per pratiche amministrative, per raccomandazioni e per consigli. Mai si era veduto un vescovo di S. Agata ricercato da tanta gente.
Non viveva il dovere giornaliero in modo fastoso, per cui incoraggiava ad un incontro: la familiarità attraeva: la piacevole conversazione avvinceva.
Vi accorrevano anche dalle diocesi più lontane: personalità ecclesiastiche e civili desideravano consultarlo in questioni delicate. Vi affluivano da Napoli e da Caserta, da Gaeta, da Cava, Amalfi, Sarno e San Severo. Si andava dall’eroico vescovo che si nutriva di preghiera e di studio e che con savi provvedimenti era riuscito ad elevare il livello morale dei diocesani.
(cf. Oreste Gregorio, Monsignore si diverte, p. 148 )

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Statua di S. Alfonso a Roeselare, Belgio, nella Casa redentorista.