P. Francesco Cavallo (1923-1998) – Italia.
La morte del P. Francesco Cavallo è avvenuta nell’ospedale S. Leonardo di Salerno, alle ore 16,30 di mercoledì 2 settembre 1998.
Il Confratello, già da tempo sofferente, in seguito ad una caduta che gli aveva procurato la frattura del femore era stato trasportato, dal Superiore di Pagani, all’ospedale di Nocera; qui i sanitari gli riscontravano anche uno stato confusionale per cui consigliarono il ricovero a Salerno.
Dagli accertamenti, immediatamente eseguiti, risultava anche una grave ischemia celebrale; sottoposto a terapia intensiva, il suo fisico cedeva e, dopo pochi giorni di degenza, ritornava alla Casa del Padre.
Il P. Francesco Cavallo era nato a Francavilla Fontana da Nicola e Saponaro Antonietta il 7 luglio del 1923; era stato battezzato il 5 agosto.
La sua vocazione alla vita missionaria secondo l’esempio e l’insegnamento di s. Alfonso nasce si sviluppa in una famiglia di grande tradizione religiosa e di attaccamento a s. Alfonso e ai missionari Redentoristi, che raggiunse la forma più alta nella vocazione dell’indimenticabile zio, P. Rocco Cavallo, figura straordinaria per pietà, per dottrina e per apostolato, che tanto fascino esercitò sui fedeli e naturalmente anche sul giovane Francesco, che frequentando la comunità e trascinato dalla figura e dall’esempio del P Rocco decise di dedicare la sua vita all’apostolato.
Il 28 ottobre 1934, all’età di 11 anni, entrò nel nostro “Educandato” e il 29 settembre di quattro anni dopo fu ammesso al noviziato nella Casa di Ciorani. Terminato l’anno di noviziato, il 29 settembre 1939, si consacrò a Dio con la professione temporanea, diventando Redentorista a tutti gli effetti. Altra tappa importante fu la professione perpetua, avvenuta il 15 ottobre 1944, con la quale prendeva forma il suo impegno di consacrazione definitiva a Dio con i voti di povertà, castità e obbedienza per dedicarsi esclusivamente all’ideale di apostolato e di consacrazione.
Negli anni 1939-1944 in cui la violenza e la ferocia di una guerra assurda dilagavano in Italia, in Europa e nel mondo intero, quasi a fare da contrapposizione a questa ideologia di violenza, un giovane silenzioso, taciturno, forse introverso, nella preghiera e nello, studio, insieme ai suoi Confratelli, a S. Angelo a Cupolo, si prepara a ad un’opera di evangelizzazione per portare agli uomini la buona notizia del Vangelo della Redenzione. Il 6 aprile 1946, nella Casa religiosa di S. Angelo a Cupolo, il giovane Confratello, veniva ordinato Sacerdote da Mons. Agostino Mancinelli, arcivescovo di Benevento.
Con la consacrazione sacerdotale, per il P. Francesco, si chiude il ciclo della formazione iniziale ed inizia quello dell’impegno apostolico, da lui espletato in diverse Comunità della Provincia: dal 1946 al 1949 presta il suo servizio sacerdotale prima a Marianella e poi nella Comunità di S. Antonio a Tarsia in Napoli; dal 1949 al 1951 è a Teano; dal 1951 al 1981, con notevole disponibilità, tra è tra le case di Teano, Marianella e Pompei. In seguito, dal 1981 al 1985, si dedicherà a tempo pieno al ministero delle confessioni nel santuario di Pompei. All’età di 72 anni, dai superiori viene assegnato alla Comunità di Pagani, dove, per l’accentuarsi delle difficoltà renali, viene sottoposto a dialisi e, dove, agli inizi di settembre termina la sua esistenza terrena.
Questa la sintesi dei suoi 75 anni di vita, ma dietro a queste date la nostra attenzione ci deve portare a scoprire il volto interiore del confratello, la memoria e la testimonianza di vita che ci consegna.
Tra le caratteristiche che hanno contraddistinto il suo ministero sacerdotale possiamo ricordare, al dire dei confratelli più anziani che sono stati suoi compagni di apostolato, l’impegno iniziale per le missioni espletato, finché la salute glielo ha permesso, nella catechesi ai giovani e nell’ istruzione.
Quando la sua vita entra sotto il segno della malattia, scopriamo un altro tratto caratteristico dell’apostolato sacerdotale e missionario del P. Francesco: la sensibilità verso la sofferenza degli altri, che si traduceva in sollecitudine nell’assistenza agli ammalati, in atteggiamento di conforto e di vicinanza ai degenti nei vari ospedali. Quanti malati ha assistito nella città di Napoli!
Sappiamo che da Marianella partiva a piedi, dopo essersi preparata una povera colazione, per visitare gli ammalati o in ospedale o nelle rispettive abitazioni; era diventato un personaggio conosciuto negli ospedali. Numerosi ammalati, conoscenti e non conoscenti, Confratelli ed estranei lo hanno avuto vicino al letto per una preghiera, una confessione, un momento di compagnia.
Questa sua sensibilità verso gli ammalati diventa per noi un richiamo e un suggerimento a dedicare una parte maggiore del nostro tempo a quelli che sono nella sofferenza o, peggio ancora, nella solitudine della sofferenza, nelle nostre Comunità come nelle parrocchie e nei nostri paesi.
Tutto proteso nel lenire le altrui sofferenze, dimenticava le sue al punto che nessuno mai lo ha sentito lamentarsi delle sue malattie, accettate e vissute in unione alle sofferenze di Cristo e a quelle di tutta la Chiesa.
Un’ altra consegna che certamente il confratello lascia alla nostra memoria è la continuità nella preghiera; chi lo cercava, immancabilmente lo trovava in preghiera o in cappella o in qualche locale della Casa con il rosario tra le mani. Mi piace pensare che ciò che noi definivamo il suo silenzio, fosse, in realtà preghiera continua a Cristo Redentore, alla Madonna, a S. Alfonso.
La sua vita ha acquistato significato oblativo per la Chiesa e la Congregazione; la sua sofferenza è stata unita a quella del Cristo per il bene della nostra Congregazione, della Chiesa e del mondo intero. E noi, di questo confratello, del suo attaccamento alla vocazione, della totalità della sua consacrazione, vogliamo conservare questa memoria e questa fisionomia spirituale.
Ringrazio la Comunità di Pagani per la continua ed amorevole assistenza prestata a favore del caro Confratello e, nello stesso tempo, invito tutti a pregare il Signore perché, nella sua bontà accolga nel suo Regno glorioso il P. Francesco e dia a noi amore alla vocazione e zelo missionario.
P. Antonio Di Masi
Superiore Provinciale
__________________
Dalla Lettera Circolare
del 14 settembre 1998
__________________