Büche Kurtdietrich redentorista, morto

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P. Kurtdietrich Büche, C.Ss.R. 1905-1980 – Germania.

P. Kurtdietrich Büche, C.Ss.R. 1905-1980
La sua morte

Il redentorista P. Kurtdietrich Büche, 1905-1980, Germania, Provincia di Monaco. È stato Segretario Generale della Congregazione nel suo ufficio Romano. È morto a 75 anni (foto in AGR, Roma). In questo articolo, la morte nel 1980.

Dati ufficiali

  • Cognome = Büche
  • Nome = Kurtdietrich
  • Nazionalità = Germania – (Provincia di Monaco)
  • Nato = 25-Mar-1905
  • Morto = 20-Giu-1980
  • Professione = 01-Mag-1924
  • Sacerdote = 30-Mar-1929

Il redentorista P. Kurtdietrich Büche, 1905-1980, Germania, Provincia di Monaco. È stato Segretario Generale della Congregazione nel suo ufficio Romano. È morto a 75 anni (foto in AGR, Roma). 

La morte del P. Büche
Un servizio di ORBIS, 1980.

La sua morte.
Lo scorso 20 giugno 1980, venerdì, è morto improvvisamente il nostro caro e indimenticabile p. Büche. Il precedente numero di ORBIS era ormai in tipografia e abbiamo avuto solamente l’opportunità di pubblicare la notizia e una fotografia.

Quando si sentì male al mattino del 20 giugno venne portato nella Clinica di S. Stefano Rotondo: i medici rilevarono un tumore che aveva perforato l’intestino e per una peritonite in atto, era cominciato il processo di setticemia totale.
A mezzogiorno il p. Vicario Giovanni Piekarski ci chiese di pregare per il p. Büche che solamente un miracolo poteva salvare. Nel pomeriggio gli fu amministrata l’Unzione degli Infermi. Anche se tra terribili dodolori recitò serenamente ed energicamente la Professione di Fede. Aumentarono i dolori e venne presa la decisione di operarlo.
Alle 22.30 morì. Rivestito fu portato nell’obitorio fino al lunedì, dove i confratelli andarono a pregare per l’eterno riposo dell’infaticabile «Curzio». Dalla Germania giunsero il p. Generale, p. Borst, Provinciale di Monaco e il p. Mattes. Il funerale si svolse lunedì alle ore 10.30 del mattino.
È stato sepolto al Verano. Nel trigesimo altra solenne commemorazione con concelebrazione presieduta dal p. Generale: presenti il Consiglio e la comunità. La Chiesa come nel giorno delle esequie piena.

Sulla vita e l’attività del p. Büche, oltre già quello che abbiamo pubblicato nel n. 48 di ORBIS pp. 26-27, non potremmo aggiungere che pochi dettagli.
Supplisca l‘omelia pronunziata dal p. Ruef il giorno 23 giugno, davanti ai resti mortali del caro Confratello.

P. Büche con un amico e il P. Hartmann nel 1978.

Omelia del p. Giovanni Ruef.
(I testi della Messa che sono stati: I Lett. 2 libro dei Re 1,5-16. II lett. Cor. 15, 13-23. Vang. Giov. II, 17-46).

Nella prima lettura abbiamo visto che quando Elia stava per andarsene da questo mondo, il profeta Eliseo esclamò: “Padre mio, Padre mio, carro ed auriga di Israele!”.
Questo testo mi è venuto alla mente quando ho visto morire il nostro caro p. Curzio. Molti di noi abbiamo considerato il nostro Confratello, come un padre di famiglia, come un forte garante della nostra vita comunitaria, qui a S. Alfonso e come un forte garante della missione mondiale della Congregazione.
Quando, venerdì, alle 9,30 del mattino l’ho visto nel suo ufficio, era molto pallido. Gli domandai: «Non sta bene?». E mi dette la sua risposta caratteristica: «Temo che vi dovrò molestare».
Tre ore prima un tumore aveva perforato il suo intestino e la peritonite aveva iniziato il suo processo velenoso. Sentiva dolori fortissimi, ma pensava solamente alla molestia che la sua malattia poteva arrecare agli altri.

Lavorava trecentosessantacinque giorni all’anno nel suo ufficio, Eccettuati il tempo della preghiera, dei pasti e un po’ di riposo era nel suo ufficio dalle 8 di mattina alle 10.30 di sera. Svolse lavori molto importanti in un Istituto formato da 6.600 membri in più di 50 nazioni. Conosceva tante lingue.
Quando il Sacrestano lo chiamava in Chiesa a confessare era disposto a lasciare qualunque lavoro. Aveva per me sempre del tempo per prepararmi i documenti che dovevo portare alla S. Sede. Aiutava i Padri stranieri nelle loro pratiche e per i discorsi in italiano.
Se fosse vivo avrebbe controllato ciò che sto dicendo. Era l’ebdomodario perpetuo nelle preghiere della comunità. Non mancava mai. Tutti i giorni celebrava qui la Messa vespertina.

Nel suo discorso inaugurale il Presidente Kennedy chiese agli americani che pensassero non a ciò che la Patria poteva fare per loro, a ma ciò che essi avrebbero potuto fare per la Patria. E il p. Curzio viveva così: e così era felice. Non era diviso. Si dedicava al cento per cento alla Congregazione.
Questo è il mantello del buon esempio che ci ha lasciato.

Aveva inoltre una dedizione appassionata al nostro carisma apostolico come Redentorista.
Prima di venire a Roma predicò 131 missioni popolari e 482 corsi di esercizi spirituali, specialmente ai soldati. In un solo anno predicò 1.031 volte. Per questo è rimasto molto contento della decisione dell’ultimo Capitolo Generale che ha sottolineato la proclamazione esplicita della Parola di Dio, in modo speciale quella straordinaria.
Questo amore per la proclamazione esplicita della Parola di Dio è anche il mantello del buon esempio che ci ha lasciato.

Ho scelto la seconda lettura perché questo testo esprime chiaramente il fondamento della nostra fede. Venerdì, alle due e mezzo del pomeriggio, quando gli stavo amministrando il Sacramento dell’Unzione degli Infermi, gli ho letto la Professione di fede. Anche se soffriva in modo tale che due confratelli e una suora lo dovevano tenere nel letto, pure tra gemiti di dolore rispondeva con un SÌ forte e convinto a ogni articolo della fede. Questa fede robusta e intelligente è il mantello del buon esempio che ci ha lasciato.

Leggiamo nel Vangelo che quando Gesù parlava a Marta e a Maria della vita eterna, si mise a piangere per la morte di Lazzaro. Allora i Giudei dissero: «Guardate come lo amava».
Anche noi, anche se crediamo nella vita eterna, noi che tanto l’amavamo, non dobbiamo vergognarci di sentire profondamente la morte, l’assenza temporale del nostro confratello Curzio.
La sua morte è avvenuta alle 10.35 di sera, mentre era circondato da una corona di Confratelli che gli dicevamo allora e gli ripetiamo adesso con fede, con la speranza di tornare a vederci, e con le nostre preghiere: «Addio, Curzio. Grazie per il mantello del tuo buon esempio. Addio padre nostro, carro ed auriga di Israele. Che il manto d’oro e azzurro della Madonna del Perpetuo Soccorso, che tanto hai amato e della quale fosti instancabile panegirista, ti accolga e ti presenti al suo Figlio e nostro Fratello, Gesù Cristo, il Divino Redentore, tuo maestro, tua luce e tuo Premio eterno».

Orbis n.53 (1980, settembre-dicembre) pp. 77-79 

La tomba del P. K. Büche è tra i Redentoristi romani al cimitero del Verano in Roma (da una foto di P. Pietro Sulkowski).

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