P. Michele Bianco (1915-1983) – Italia.
Il giorno 1° febbraio, con la morte del P. Michele Bianco, la nostra Provincia è stata privata di una figura esemplare di Redentorista. Tutti conoscono l’amore alla Congregazione, lo spirito di preghiera, le capacità apostoliche e missionarie, la disponibilità totale del P. Bianco. Unanime è stato il dolore per la sua morte.
Nella mattinata del 2 febbraio tutto il Capitolo Provinciale, riunito al Colle S. Alfonso per la programmazione delle priorità apostoliche della Provincia, si è trasferito a Pagani per i funerali del Confratello.
Venendo poi incontro alle pressanti richieste del parroco e della popolazione di Baselice, con grande sacrificio da parte nostra, è stato consentito che i resti mortali del Confratello fossero trasportati e sepolti nel suo paese natìo.
Il P. Michele Bianco era nato a Baselice (BN) il 3 gennaio 1915 da Nicola Maria e Parisi Maria Giuseppa.
Nel 1928 era entrato nella Scuola Missionaria di Ciorani; nel 1930 la Scuola missionaria veniva trasferita a Lettere. Nel 1933 il P. Bianco era ritornato a Ciorani per l’anno di Noviziato, al termine del quale, il 29 settembre 1934 emetteva la professione religiosa. Compiva gli studi teologici a S. Angelo a Cupolo e il 24 giugno 1940 veniva ordinato sacerdote.
Il periodo che va dal 1942 al 1949 è stato impegnato dal P. Bianco nel campo dello studio e dell’insegnamento; è stato in questo tempo professore di filosofia nello Studentato di S. Angelo a Cupolo, professore di materie letterarie nella Scuola Missionaria di Lettere ed ha conseguito la laurea in Lettere Classiche nell’Università di Napoli.
Dal 1949 il P. Bianco era impegnato nelle missioni del Cile e del Perù. Prima come professore dello Studentato Cileno in Santa Filomena e poi come Superiore della casa di Piura in Perù ha lasciato un ricordo affettuoso e sincero tra quelle popolazioni. Nella Missione di Piura ha lavorato come predicatore, direttore spirituale di vari ceti di persone, organizzatore di corsi di esercizi spirituali.
Nel 1956 improvviso arrivò l’ordine di chiusura della Missione; il colpo fu durissimo, immenso il dispiacere, ma immediato prevalse il senso dell’ubbidienza. Ritornato in Italia nel 1956 riprese l’insegnamento nello Studentato di S. Angelo a Cupolo e di Pagani.
Dopo un breve periodo passato a Salerno come Cappellano presso il CIFE, nel 1960 fu nominato Superiore di Pompei.
La Provincia lo elesse nel 1961 come proprio rappresentante al Capitolo Generale. E il Capitolo Generale nel 1963 lo elesse Consultore Generale. Ha partecipato al XVI Capitolo Generale come Vocale della Provincia e al XVII Capitolo come Consultore Generale. Dal 1967 al 1969 resta membro del Capitolo Generale Straordinario per la revisione delle Costituzioni.
Ritornato in Provincia nel triennio 1969-72 ha ricoperto l’ufficio di Vicario Provinciale.
Dopo questo periodo è stato successivamente Superiore delle Comunità di Pagani, S. Angelo a Cupolo e Ciorani.
Nella composizione delle Comunità del 1981 era stato assegnato alla comunità di Materdomini dove i Confratelli lo avevano eletto come loro Vice-rettore. La tremenda malattia, che lo ha distrutto, lo ha colpito improvvisamente e nel pieno dell’attività all’inizio del mese di settembre.
L’ultimo periodo della sua vita è stato contrassegnato dalla violenza del male che lo aveva colpito, ma anche dalla sua straordinaria capacità di soffrire e dalla sua ammirevole rassegnazione alla volontà di Dio. Ha offerto al Signore le sue sofferenze e le sue preghiere perché la Provincia non conoscesse pause in campo apostolico, perché le vocazioni tornassero a fiorire, e perché la Chiesa tutta riscoprisse in pieno la sua vocazione missionaria.
P. Giuseppe Capone
Superiore Provinciale
_______________
Profilio tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
_________________________________
Altro profilo
da S. GERARDO, LXXXIII, anno 1983, pag. 29.
La mattina del 1° febbraio 1983, Anno Santo straordinario della Redenzione, nella «Villa S. Vincenzo» a Lettere, spirava il P. Michele Bianco.
Colpito da tumore osseo destruente alla spina dorsale, esploso improvvisamente a Materdomini il 14 settembre 1982, il Padre veniva immobilizzato da paralisi totale e iniziava una lunga Via Crucis. Partecipi al suo dolore e preoccupati per il grande vuoto che lasciava al Santuario, ove era Vice-rettore e penitenziere a tempo pieno, si chiedeva e si aspettava un miracolo. Ma il piano di Dio era infinitamente superiore e diverso dai pensieri dell’uomo.
La dolorosa malattia divenne però una lunga lezione di fede, di rassegnazione cristiana, di coraggio sacerdotale. Il letto dell’atroce sofferenza, fisica e morale, divenne un altare e la persona del Padre una vittima. Quante volte si è concelebrato con lui, degente, il sacrificio della Messa!… quella mano del Padre, scarna e trasparente, levata con sforzo nel gesto rituale della consacrazione eucaristica, indicava con troppa evidenza la partecipazione personale al sacrificio del Cristo. «Padre, – disse un giorno – offro tutto, tutto perché il Signore mandi nuove vocazioni e santi sacerdoti alla nostra Congregazione».
Fornito di intelligenza viva, ricco di cultura multiforme e aggiornata, gioviale di carattere, sensibile di animo, arricchiva le Comunità ove andava. Tra i primi laureati della nostra Provincia presso una Università statale, fu esimio professore di materie classiche alla Scuola Missionaria e allo Studentato di filosofia. Era stato superiore a Pompei, a Pagani, a Ciorani; Vicario Provinciale e Consultore Generale.
Ma la cosa più bella della vita, il vertice di ogni aspirazione, la gloria della esistenza e l’anima di ogni attività era per il P. Bianco il Sacerdozio, l’essere sacerdote. Si sentì sempre sacerdote e redentorista, soprattutto quando, con grande gioia, poté salire sulla nave che doveva portarlo, come missionario instancabile, lontano, nel Cile e in Perù. Ripeteva spesso che erano stati i suoi anni migliori e, sul letto di sofferenza, il suo grande rimpianto era di non aver insistito abbastanza per far desistere i superiori dalla volontà di chiudere quella missione.
Figlio del Dottore della preghiera S. Alfonso, anch’egli dava il primato alla preghiera nella vita religiosa e nell’apostolato. Quando venne a Materdomini per assistere il Santuario, ripeteva molto spesso: «Perché non iniziamo una Crociata di preghiera? È l’unica speranza che ci resta per la rinascita della Provincia!». Era tutto plasmato dallo spirito e dalle opere del Fondatore. La sua tesi di laurea «sul carattere di S. Alfonso», più che un omaggio al Fondatore, fu una esigenza della sua anima liguorina.
S. GERARDO, LXXXIII, anno 1983, pag. 29.
_______________
Profilio tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
_________________
_________________