Bellino Giuseppe redentorista

Fratello Giuseppe Bellino (1774-1851). – Italia.

Fratello Giuseppe Bellino (1774-1851)

Fratello Giuseppe Bellino, redentorista nativo di S. Andrea di Conza (AV): una figura di Fratello Redentorista di grande rilievo: umiltà e tanto carisma riconosciuto dai suoi confratelli.
Fratello Giuseppe Bellino, redentorista nativo di S. Andrea di Conza (AV): una figura di Fratello Redentorista di grande rilievo: umiltà e tanto carisma riconosciuto dai suoi confratelli.

Database Ufficiale CSSR

  • Cognome = Bellino
  • Nome = Vincenzo (Giuseppe)
  • Nazionalità = Italia – (Provincia di Napoli)
  • Nato = 29-Apr-1774. (1773 nella biografia)
  • Morto = 17-Set-1851
  • Professione = 09-Giu-1801

Fratello Giuseppe Bellino nacque in S. Andrea di Conza nel 1773, cioè 14 anni prima della morte di S. Alfonso. Visse una vita molto edificante, e nella perfetta osservanza delle Regole sino all’ultimo dei giorni suoi.
Ancorché talvolta stanco dalla fatica, della quale fu sempre amante, e dai continui travagli, non si permetteva affatto una menoma esenzione dalle Regole; e non potendo adempiere nel giorno a qualche devoto esercizio, si privava del sonno la notte e l’ adempiva.
Adorno di tutte le virtù si distinse in modo particolare per una profonda umiltà, severa  mortificazione, povertà e carità verso il prossimo.

Pel suo amore verso il SS.mo Sacramento e Maria SS.ma era singolarissimo. Anche da vecchio digiunava il sabato in onore della divina Madre, e vegliava sdraiato a terra.
La sua ultima infermità durò 40 giorni; ed in quella maggiormente spiccò la sua virtù, specialmente con una eroica pazienza nel soffrire i dolori, e santa rassegnazione ai divini voleri in abbracciarsi la morte.

Nel ricevere il Santo Viatico mostrò tanta devozione e tenerezza, che mosse a pianto tutti gli astanti. Munito di tutti i Sacramenti, spirò tra le lacrime e benedizioni di tutti, il 17 settembre 1851, in giorno di mercoledì e nella novena dell’ Addolorata, all’età di anni 78, e di Congregazione 55.

Il popolo di Caposele, che lo venerava come un Santo, accorse al suo funerale; ed il celebre P. Vittoria gli recitò un Elogio funebre che pose il colmo al pianto universale (P. Balducci).
Fratello Ciccio Alvino (morto il 19 gennaio 1911), che fu a Materdomini per più anni, e fu compagno di Bellino per quattordici mesi, mi dettò le seguenti notizie in Pagani nel gennaio 1910, trovandomi quivi di passaggio.

«Fratello Giuseppe Bellino nelle ore libere stava sempre innanzi al SS. Sacramento. Era il primo all’ orazione, e si trovava in Coro prima della sveglia; ed era l’ ultimo ad uscirne.
«In Coro stava senza appoggio, anche da vecchio, inginocchio e dritto. Nell’ uscire dal Coro faceva parecchie croci colla lingua per terra. Mai mangiava dolci, terzo piatto, e mangiava sempre pochissimo. Il Venerdì Santo prendeva in piedi solo un po’ di pane ed acqua.
«Non diceva mai: «Mettetemi questo collare,  Datemi questa o quest’ altra cosa». Nulla chiedeva, e quindi gli altri dovevano pensare a tutto l’ occorrente.

«Al calzolaio disse un giorno che non voleva mai il vetriolo, perché si mancava alla povertà. Era attentissimo a non far perdere cosa alcuna per non mancare alla povertà. Una volta cadde a terra il cestino delle briciole di pane; ed egli se ne afflisse immensamente. Dopo averle tutte raccolta scrupolosamente, andò ad accusarselo al P. Rettore più volte.
«Non voleva mai toccare il Calice o Pisside a mano nuda, ma usava sempre un fazzoletto che portava con venerazione sul petto a tal fine solamente.
«Essendo vecchio, domandava al portinaio la chiave della porteria, e così liberarlo dall’andare e venire dal suo ufficio. Egli, poi, trattenendosi quivi, soleva dirsi l’ Uffizio Piccolo della SS.ma Vergine, e insegnare la Dottrina ai giovanetti.

«Era talmente compassionevole con i poverelli che non li faceva andare mai senza soccorrerli. Molte volte faceva la limosina in ginocchio, e col capo scoperto senza zucchetto.
«Si disciplinava ogni giorno. Nella sua stanza teneva un Crocifisso grande in tela di Missione, (che ora si conserva con tutti gli oggetti antichi della Comunità di Materdomini, come appartenenti ai Venerabili Sportelli, Cafaro, Blasucci ed a S. Gerardo);  e tuttora si vede dalla macchia come Bellino vi stava delle lunghe ore con la fronte poggiata sui piedi di Gesù Cristo.

«Tutti i giorni, quasi, si aggirava pel Collegio con la calce e cocchiaja, essendo egli muratore, per rappezzare ove vi era bisogno.
«Un giorno il Rettore P. Raffaele Fusco disse a Fratello Ciccio, nel mentre stava per passare dinanzi a loro Fratello Giuseppe Bellino :«Eccoti voglio farti vedere un Santo». Giunto Bellino innanzi al Rettore- Questi gli fece un fortissimo rimprovero dicendo: Tu con queste cose sempre vai girando» e il Bellino, col capo chino ed umile, non rispose verbo.
«Si comunicava ogni giorno, si confessava ogni sera, ed allora se ne usciva di stanza, quando il P. Vittoria, suo confessore, gli aveva firmato il biglietto che si era confessato bene. Quando si confessava, poi, diceva sempre di trovarsi all’inferno, e carico di peccati, mentre era di pura coscienza.

«Nell’ accusa dei propri difetti nel Capitolo delle colpe in Coro, diceva essere il più grande peccatore del mondo, e non la finiva di umiliarsi innanzi a tutti.
«Quando incontrava il Superiore, si scopriva il capo, e si fermava a giusta distanza per segno di sommo rispetto.
«Avendo una piaghetta all’ osso sacro a causa del lungo stare seduto, non volle che il solo Medico lo avesse curato, giacché così voleva la santa ubbidienza; e agli altri, poi, raccomandava di non mancare alla modestia.

«Pochi giorni prima di aggravarsi, portò al confessore P. Vittoria la Santa Scrittura ed altri libri che aveva, dicendo che non li avrebbe più letti, né sarebbe andato più alla sua stanza; e così fu. Aggravatosi, e saputolo il nipote, venne subito questi a visitare lo zio, e gli chiese un ricordo. Il Fratello Giuseppe gli rispose: «Nipote mio, salvati l’ anima».
Trovandosi il gelatiere a Materdomini per causa della fiera dell’ 8 Settembre, si mandò a prendere un gelato ed il migliore, ma, appena vedutolo, cominciò ad esclamare: «Oh grandezza di Dio! Grandezza di Dio! Grandezza di Dio ! Ora portatelo di nuovo al gelatiere».
«Tutti gli Studenti facevano a gara per assisterlo di giorno e di notte; tanta era la venerazione che avevano del Bellino!

Tra questi vi era anche il P. D. Domenicantonio Cianciulli, che mi ha dato queste notizie in S. Angelo a Cupolo nel 1909; e mi ha detto pure che essendo stato chiamato il pittore per ritrarre il santo Fratello, questi se ne accorse, e cercava in tutti i modi di schernirsi; ma il P. Rettore vedendo che il pittore non riusciva così a ritrarlo, gli diede l’ ubbidienza di star fermo, e Bellino subito ubbidì.

Questo ritratto si conserva, qui, a Materdomini con la seguente iscrizione:

«Fratri Josepho Bellini, qui III Kal. Maias An. 1753 Oppido S. Andreae natus; an. 1794 C. SS. R. adscripitus ; vigiliis, jejuniis, laboribus, senioque confectus XV  Kal. Octobris An. 1851 denatus est. – Ne ejus, regularis observantiae, pietatis, fidei, charitatis, qua erga Deum, qua Virginem, qua Proximum, memoria obsolesceret, ne virtus debito careret officio, neque posteritas tam insigni ad virtutem incitamento, quam cernis effigiem Fratres obmoerentissimi pingi curarunt».

«Nell’ agonia, mi diceva ancora P. Cianciulli Domenicantonio, fu assistito da P. Marano Fraia. L’elogio funebre fu fatto da P. Vittoria, e quando disse le parole di Fratello Giuseppe che non sarebbe più andato alla sua stanza, pianse dirottamente.

«Il volto era rosso ed angelico, e sembrava di uno che dormisse. Tutti gli Studenti misero a ruba tutta la stanza per avere qualche ricordo. Il Crocifisso grande su tela fu portato nello studentato; ove è stato sino al 1895. Lo ricordo anch’io. Stava vicino al balconcino in fondo al corridoio. Ora trovasi nel suppigno tra gli altri oggetti vecchi; ma spero di poterlo avere io in camera insieme al Crocifisso in cartapesta fatto da S. Gerardo, avuto da Pescopagano.

Il P. Alfano lasciò scritto nel libro delle Messe: «Fratello Giuseppe Bellino fu sempre edificante e consumato nella pratica dell’orazione, mortificazione e devozione a Maria SS.ma. Basta per ogni elogio il dire che ha meritato l’Orazione funebre. In Comunità e nel paese si diceva: Muore il Santo.

Fratello Bellino diresse i lavori del Collegio di Vallo, essendo valente Capodopera.

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Profilo tratto da
Biografie manoscritte del P. S. Schiavone
– vol.1 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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