37 – Il servo di Dio P. Bartolomeo Pajalich
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 17-gen-1791
- Morte = 03-apr-1863
- Professione = 02-ago-1821
- Sacerdote = 30-gen-1814
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
Nella scelta schiera di uomini che ebbero la grazia di godere l’amicizia e l’affetto di S. Clemente M. Hofbauer e che, seguendo le orme di un così grande maestro, raggiunsero fama indubbia di santità e venerazione sincera presso i fedeli è da annoverare Bartolomeo Pajalich, che nacque a Besca nell’isola di Veglia in Istria il 17 gennaio 1791.
Fin dalla nascita sembrò che ogni virtù prendesse dimora nel suo animo; perciò nella fanciullezza si distinse tra i coetanei che, in nobile gara, cercavano di imitarlo. Chiamato da Dio al sacerdozio, il 30 gennaio 1814, offrendo a Dio le primizie di così nobile ministero. L’anno seguente si recò a Vienna per terminare gli studi teologici e vi soggiornò presso i Frati Minori.
Verso la fine dell’anno, visitando la chiesa degli Italiani, incontrò S. Clemente M. Hofbauer, col quale strinse un’amicizia così forte che da quel momento apparvero spiritualmente inseparabili. Ogni giorno Bartolomeo visitava Clemente ed essi si intrattenevano a lungo. Più volte predicarono insieme le sacre missioni e Bartolomeo di giorno in giorno imitava le virtù dell’amico, che a sua volta l’ebbe carissimo: lo chiamava angelo per l’innocenza dei costumi, e ne volle stimolare l’ardente carità per affrontare incarichi apostolici.
Quando San Clemente morì il 15 marzo 1820 il giovane pensò di non poter continuare l’eredità del santo se non seguendone le orme: perciò si sforzò più seriamente di tendere alla perfezione cristiana. Frattanto, per intercessione di S. Clemente e per ordine dell’imperatore, fu concesso ai Liguorini il permesso di erigere una casa a Vienna nella quale potessero insieme ed osservare le regole date dal Padre Fondatore.
Allora a Bartolomeo, che per i suoi legami con S. Clemente era liguorino più di fatto che di nome, fu affidato l’incarico di guidare i novizi e li formò alla vita liguorina con l’esempio della sua virtù non meno che con gl’insegnamenti. Il 2 agosto, giorno di S. Alfonso, emise i voti. Quindi fu prefetto degli studenti; il che non gli impedì di pensare al bene del prossimo con le prediche e gli altri impegni sacerdotali.
Nel 1844 eletto superiore della nuova casa di Marburg, per nove anni la governò così bene che i sudditi lo ritenevano padre, pastore e modello di virtù. Lo stesso accade a Finale in Emilia, dove guidò una casa istituita per i Liguorini d’Oltralpe. Nel 1848, inseguito a torbidi politici fuggì a Besca sua terra natale e vi rigenerò la fede smorta. Tornata la calma, ritornò a Finale; ma poco dopo fu chiamato a Roma, eletto superiore della casa di S. Maria di Monterone, fino al 1855. Allora, eletto consultore generale, si stabilì nella casa madre della quale ebbe la responsabilità per più anni.
In tutti i compiti svolti, fu sempre esempio fulgido di virtù. Tutte le sue azioni sgorgavano dalla fede come da una sorgente cristallina; nutriva una speranza profonda e si affidava al volere della divina Provvidenza. Quello che faceva per promuovere la gloria di Dio e la salvezza delle anime era un chiaro segno della sua ardente carità.
Ma la virtù che in particolare coltivò e possedette fu l’umiltà. Infatti, per dirla in breve, allorché a Roma governava la casa generalizia, secondo la testimonianza di quelli che lo videro, volontariamente si sceglieva gli incarichi più umili: servire le messe ai Padri, sostituirsi al portinaio assente; suonare le campane al posto del sacrestano; contrastando l’orgoglio che nasce dalla carica, voleva essere sempre uguale agli ultimi.
Morì santamente il 3 aprile 1863. Tutti quelli che assistettero alla sua morte erano convinti che la sua anima fosse volata al cielo, e questa opinione è condivisa da tutti.