28 aprile
Il cibo dei missionari sarà la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Essi non fuggiranno le avversità, non temeranno i pericoli, né faranno alcun conto delle angustie, della fame, della sete, del freddo, dei dolori, né di qualunque altra pena o fatica; anzi la stessa morte si dovrà da essi stimare per niente, purché salvino un’anima e la ritraggono dal peccato. (Regola, Parte I delle Missioni n. 42 -Roma 1923).
- Dovendosi dare la missione a Oresti [??], tutti ricusarono di recarvisi, perché era un paese di malaria. Il P. Paolo Cafaro, che stimava più un’anima che la sua vita, vi si portò solo e dopo aver soddisfatto tutti, sia con la predicazione, sia con la confessione, ritornò tra i suoi immune. Moltissimi furono ancora i pericoli che minacciarono la sua vita per il suo grande zelo. Egli stesso a tal proposito diceva sorridendo: “Arriverò in Paradiso con le ossa rotte”.
Da “Spigolature“, a cura di P. Pompeo Franciosa, 1987.
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