Aprile 23 Amore del Prossimo

23 aprile
 Carità sempre dolce, forte e che abbia l’effetto, la correzione, perché “gutta cavat lapidem” e verrà tempo’ in cui l’imperfetto si farà perfetto e il discolo si correggerà.  (Ven. P. Di Netta, in P. A. Di Coste, L’Apostolo delle Calabrie. cap. Xl Tip. Pont. Figli Conc. Valle di Pompei 1914).

  • Nel processo di canonizzazione di S. Alfonso si attesta che quando da vescovo era costretto a riprendere qualcuno, il suo primo rimprovero era pieno di dolcezza e di umiltà; se non vedeva emenda la severità si univa alla dolcezza; se il trasgressore si mostrava incorreggibile, ne veniva la punizione e in tal caso il Re avrebbe tentato invano di trattenerlo. Una volta, dopo inutili richiami, aveva dato incarico al Vicario generale di istruire il processo canonico contro un sacerdote scandaloso, ma quegli si precipitò nella stanza del Vescovo facendo un gran baccano. Alfonso con calma gli chiese: “Figlio mio, andate a trovare il Vicario generale”. “Monsignore, rispose il prete, non conosco il Vicario generale; io non ho altro Superiore che Monsignore dei Liguori”. E trasformato improvvisamente si gettò ai piedi del santo prelato, ho che più commosso di lui gli disse: “Figlio mio, vi ho mandato a chiamare tre volte e non siete venuto: ho dunque dovuto agire giuridicamente contro di voi per far cessare lo scandalo che davate”. “E’ vero, rispose il colpevole singhiozzando, lo confesso con mia vergogna: ho peccato molte volte da otto mesi; vi apro il mio cuore, fate ora di me quello che più vi piace”. “Poiché riconoscete la vostra colpa, rispose Alfonso con bontà, lascio a voi la scelta della penitenza”. “Padre mio, voglio ritirarmi per qualche tempo nel vostro collegio di S. Angelo a Cupolo e comparirò nuovamente davanti a voi quando mi avrete fatto sapere che mi avete perdonato”. “Il Vescovo allora si fece portare le carte del processo e disse stracciandole: “Figliolo mio, prego il Signore che voglia fare altrettanto in cielo”. Il convertito da quel momento non cessò mai di edificare col suo contegno il suo paese.

 Da “Spigolature“, a cura di P. Pompeo Franciosa, 1987.

I resti mortali del Venerabile P. Vito Michele Di Netta (1787-1849) sono conservati nella chiesa del Gesù a Tropea, dove egli ha vissuto per 37 anni.

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