30 – Il servo di Dio P. Angelo Latessa
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 27-ago-1688
- Morte = 05-ott-1754
- Professione = 17-set-1751
- Sacerdote = 1714
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
Il servo di Dio Angelo Latessa nacque a Bisaccia in Irpinia il 27 agosto 1688. Cominciò la sua formazione letteraria e morale in casa dei suoi probi genitori; poi andò ad Acerno, città della diocesi di Salerno, per proseguire gli studi. Trascorreva il tempo o in casa chino sui libri, o in chiesa immerso nella preghiera.
Ritornato in famiglia, abbracciò lo stato clericale, e subito ebbe l’opportunità di dimostrare quanto fosse restio a procurarsi guadagni e onori. Infatti rifiutò il beneficio ecclesiastico assegnatogli dal Vescovo, finché, dissuaso dal suo direttore spirituale si decise, malvolentieri, ad accettarlo. Ma, poiché era scrupoloso osservante delle sacre leggi, non si riservò l’intera entrata, ma volle che, divisa in tre parti, una andasse ai genitori, una ai poveri e un’altra infine per le riparazioni delle chiese. E questo non bastò. Dava del suo ai poveri così generosamente che ne fu chiamato il padre.
Nominato prefetto dei seminaristi, si preoccupò molto della loro formazione e fu attento a che crescessero degnamente secondo le attese della Chiesa. E i risultati non mancavano: molti infatti, sotto la sua guida, raggiunsero l’apice della perfezione. Tuttavia, si riteneva indegno di una carica così importante; perciò, date le dimissioni, si ritirò a vita privata.
Da allora, incredibile a dirsi, cominciò ad adottare un tipo di vita assai austero. Si asteneva del tutto da carni e vino; mangiava, parcamente, legumi ed erbe; il più delle volte faceva digiuno; concedeva al corpo un po’ di riposo; lacerava le sue membra con appuntiti cilizi.
Era inevitabile che la fama della sua santità si diffondesse. Perciò parecchie persone di ogni condizione sociale cominciarono ad accorrere da lui; alcuni per riceverne consigli, altri per ottenere soluzione ai loro dubbi. E lui, profittando di questa circostanza, tra i sacerdoti che si riunivano in casa sua introdusse e promosse l’abitudine di discutere di argomenti di teologia, di sacri canoni, di morale, di storia e di pietà: ciò riuscì vantaggioso, e non poco, al clero e al popolo. Era sempre pronto ad istruire i piccoli, ad ascoltare i penitenti, a dare un consiglio a tutti.
Allorché i servi di Dio Paolo Cafaro e Cesare Sportelli della Congregazione del Santissimo Redentore svolsero la missione a Bisaccia, Angelo, attirato dalla loro personalità e condotta, chiese di entrare nel nostro Istituto. S. Alfonso non lo rifiutò, nonostante la sua età, anzi lo accolse a braccia aperte dicendo: “Se non sarà in grado di affrontare fatiche, sarà sempre un bene per la casa avere un uomo siffatto a cui tutti guardino”.
Perciò il 30 maggio 1750, sotto la guida di P. Mazzini, cominciò il noviziato a Caposele. Chiamava la Congregazione“Porta del Paradiso Svolgeva le faccende prontamente, anche le più umili ed arrivava per primo nel coro.
Colpito da malattia e già munito del sacramento degli infermi, chiese con insistenza ai superiori dell’istituto di poter emettere i voti, ottenendone con gioia il consenso. Ma S. Alfonso gli ingiunse di guarire ed egli, scomparsa subito la febbre, recuperò la salute.
Sebbene sentisse insufficienti le sue forze a sbrigare i vari incarichi, egli non si arrese a star lontano dal confessionale. Amò Cristo sofferente ela Vergine Maria.
Il 6 agosto 1754 si mise a letto. Ai sacerdoti, agli amici; a qualunque persona veniva a trovarlo, con gioia consigliava di vivere rettamente e di amare Cristo Signore. Il 5 ottobre chiese di ricevere l’olio degli infermi tra la meraviglia di tutti, poiché non c’erano presagi di morte. E poco dopo spirò nella calma più assoluta.
Quanto egli fosse amato lo dimostrò il vasto cordoglio per il suo funerale; quale considerazione avessero di lui i confratelli,lo si deduce dalle parole apposte sotto il suo ritratto: “Angelo Latessa, nato a Bisaccia, illustre nel mondo per virtù e miracoli, rifiutate cariche ecclesiastiche, si unì ad Alfonso Maria de Liguori. Carico di meriti e di prodigi, da Caposele passò al cielo il 5 ottobre 1754.
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