32 – Il servo di Dio Andrea Zabatti
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 04-dic-1731
- Morte = 31-mag-1753
- Professione = 07-nov-1751
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
A Calitri, città dell’Irpinia, venne alla luce il 4 dicembre 1731 il servo di Dio Andrea Zabatti. Avendo avuto in sorte genitori di spiccata onestà e pietà, egli ricevette una vera formazione religiosa, alla quale rispose appieno docile, com’era di carattere e pronto all’obbedienza.
Anche dopo la fanciullezza, trascorsa con innocenza meravigliosa, continuò quella via che lo tenne lontano dai vizi e gli insegnò le virtù. Poco incline alla compagnia dei coetanei, non usciva mai di casa se non per andare a scuola o più spesso per recarsi in chiesa, dove con la sua modestia e l’intensità della preghiera attirava la rispettosa attenzione di tutti.
Per attendere agli studi letterari non dovette lasciare la città natale; poté farlo benissimo a casa dei genitori: il che l’aiutò a non desistere mai dal proposito della santità. A 18 anni, entrò nell’Istituto da poco fondato da S. Alfonso, il 1° novembre 1750 e a Ciorani cominciò il noviziato, tendendo con passo svelto al possesso di tutte le virtù.
Non aveva difetti che il maestro gli potesse rimproverare, anzi, questi, perché non stancasse il suo spirito con l’eccessiva meditazione delle realtà divine o indebolisse con le penitenze le forze fisiche, gli pose dei limiti. C’era in lui un certo che di dolce e sul viso traspariva una nota della grazia interiore, al punto che i novizi lo ritenevano un santo sceso dal cielo sulla terra e i Padri, guardandolo, nutrivano i più santi pensieri.
Emessi i voti il 7 novembre 1751, si dedicò allo studio della filosofia; e in esso rivelò una così grande intelligenza che i confratelli più dotti immaginavano che avrebbe brillato nelle scienze umane e divine. Ma, poiché il giovane, durante il periodo degli studi, non ridusse neppure un po’ la tensione spirituale verso Dio o le penitenze fisiche, a poco a poco fu aggredito dalla febbre tisica e il corpo, decomponendosi gradatamente, cominciò a conoscere una precoce consumazione.
Su consiglio dei medici, S. Alfonso lo fece trasferire a Pagani ordinando di sorvegliarlo perché si riposasse completamente dallo studio e smettesse di torturare il suo fisico. Ma la malattia progrediva sempre più; tanto che a stento e con affanno poteva circolare a piedi per la casa.
Sulla sua disposizione interiore nel sopportare una così grave malattia, Padre Gaspare Cajone, uomo virtuoso, così riferisce: «Ogni volta che lo vedevo, scorgevo sul suo volto non la tristezza, ma i segni della gioia celeste. Sembrava non possedere più alcun attaccamento alla propria volontà. Qualunque cibo o medicina gli somministravano, egli li prendeva senza ripugnanza o esitazione, perché tutto per lui aveva il dolcissimo sapore dell’obbedienza. E io dicevo spesso ai Padri: “Non so che potrebbero fare di più perfetto i santi Padri, se si trovassero nella stessa situazione di questo nostro malato: dalle sue labbra non sentivo altro che la risposta di Giobbe ‘Benedetto sia il nome del Signore’».
I superiori persero la speranza di vederlo guarito a Pagani; quindi gli ordinarono di tornare a Ciorani. Qui, dopo alcuni giorni, parve per un attimo guarito; ma non era così . Infatti, sotto l’incalzar del male, l’ammalato cominciò a sputare dai polmoni abbondante sangue.
Allora apparve sempre più evidente la sua santità, poiché agli afflitti confratelli che accorrevano da lui gridava: “Rendiamo grazie a Dio!” E se qualcuno gli rivelava il proprio timore per la morte sempre più vicina, egli rispondeva: “Non siamo nati per questo?”
Diceva il P. Antonio Tannoia: “Ho letto molte vite di santi e non ho trovato mai una uniformità alla volontà di Dio più perfetta”.
Intanto Andrea, al pensiero del Paradiso, diceva continuamente: “Desidero morire ed essere con Cristo!” Ma doveva ingaggiare con il diavolo un’ultima battaglia; il nemico lo incalzò ed egli sconvolto, inorridito e tremando si rivolse agli astanti come per chiedere aiuto. E afferrato il Rosario e il Crocifisso, se li pose sul capo, si calmò e serenamente spirò in Cristo. Il corpo per 34 ore fu esposto al popolo che accorreva numeroso e a gara chiedeva le sue reliquie.