5. Anno 1762 – Ordinato Vescovo
Quest’anno (2012) ricorre il 250° anniversario della Ordinazione Episcopale del Santo.
S. Alfonso ha ormai 66 anni, carichi di tanti lavori apostolici, di opere scritte e di sofferenze dolorose. Nel 1761 scrivendo all’editore Remondini di Venezia dice: «Quasi ogni anno ho una infermità mortale: onde aspetto la morte da giorno in giorno».
Ma ciò che gli sta per arrivare non è proprio la morte, ma la nomina a vescovo di S. Agata dei Goti. Stupore di Alfonso! Aveva già rinunciato all’arcivescovado di Palermo. Qualcuno gli suggerisce: «Ma potete rinunciare!». E così subito Alfonso redige una lettera di rinuncia all’episcopato e porge all’inviato della nunziatura, insieme al plico una buona mancia: «Vedete, dirà alla conclusione, ho dovuto perdere una ora di tempo e quattro ducati per questa freddura. Non cambierei la Congregazione contro tutto i Regni del Gran Turco!».
Clemente XIII invece confermerà il suo ordine. Alfonso si sottomette…..sarà vescovo, e che vescovo!
Al suo ingresso nella diocesi, nel luglio 1762, il suo segretario fa preparare un abbondante banchetto. Ciò non piace al vescovo:«Don Felice, Dio vi perdoni! cosa avete combinato!…Ci saranno tanti poveri che muoiono di fame e noi vogliamo banchettare!». – Un pagliericcio per monsignore e, per decorare il suo anello episcopale, il fondo di una caraffa!
Il vescovo è disponibile coi poveri. Tutti possono rendergli visita senza preannuncio: «Il nostro vescovo, è un santo….., sussurra la gente. Abbiamo un santo vivente!». È vero santo, infatti, e un missionario santo chi porta la preoccupazione dei più abbandonati, degli infelici, dei poveri, dei peccatori.
«Dio ha sempre a cuore le pecorelle smarrite», asserisce Charles Péguy. Ed è l’agire di Alfonso. Ecco perché si preoccupa di far predicare le missioni in tutte le parrocchie della sua diocesi. Ed a predicare c’è anche lui, convinto che il primo ruolo di un vescovo non è di presiedere, ma di predicare il Vangelo e di farlo predicare: «Il più grande bene che un vescovo possa procurare alla sua diocesi, è di fare predicare le missioni immancabilmente ogni tre anni. Vi domanderò solamente di vigilare su un punto all’arrivo dei missionari: dovrete pregarli di predicare le missioni in tutti i villaggi, anche se siano piccoli. La consuetudine delle congregazioni è di predicare la missione nel borgo centrale, dove essi sperano che si riuniranno tutte le frazioni dei dintorni. Speranza vana! Verrà qualche persona pia; ma la gente carica del peccato, e di conseguenza più bisognosa, non vi partecipa…Da parte mia, nella mia diocesi, faccio predicare la missione in tutte le borgate, anche se fossero 200 anime»
Alfonso, vescovo, è molto attento alle sue responsabilità: «La mitria, dirà, è un grande peso sulla coscienza»: la responsabilità è…dei responsabili. Se, nelle missioni, egli invita i “pezzi grossi” a un ritiro particolare, non è per adulare la loro classe sociale, è a causa dell’influsso che hanno le loro decisioni, il loro parlare, il loro esempio soprattutto.
Insiste vigorosamente sulle responsabilità di ciascuno a tutti i livelli; nella diocesi, “la santificazione della popolazione dipende dai vescovi”, nelle parrocchie, “il progresso o la dannazione dei fedeli dipende dai curati”; nei monasteri, “tutti gli abusi sono imputabili alle priore e ai confessori”. Riguardo ai seminaristi, è indispensabile, non avere prima buoni seminaristi, ma “un buon rettore”, “buoni professori” , “prefetti maturi” spirituali e ed energici».
Alfonso è cosciente delle sue responsabilità, di fronte alla sua diocesi, ma anche di fronte alla Chiesa intera. Come i primi apostoli, « egli porta le preoccupazioni di tutte le Chiese» (2Co 11,28). Il papa Clemente XIII che lo ha obbligato ad accettare l’episcopato di S. Agata dei Goti nel felicitarsi in una lettera del 4 agosto 1767, in risposta alla dedica del suo libro “Verità della fede” gli dice: «Noi vi stimiamo molto, venerabile fratello, perché non vi accontentate di governare la vostra Chiesa: non tralasciando un momento del tempo che vi supera, lo consacrate a lavori di cui l’utilità non è circoscritto nei confini della vostra diocesi, ma si estende alla Chiesa universale».
- Governare, è prevedere: Alfonso è il vescovo che guarda al futuro. Appena prende possesso della sua carica, si preoccupa di ricostruire il seminario maggiore, di rinnovare l’équipe dei professori e di promuovere una migliore selezione dei candidati al sacerdozio. L’assillo di vocazioni di qualità, del loro accompagnamento, e della loro formazione, lo condivide con tutto l’episcopato in un piccolo libro “Riflessioni utili ai vescovi”, pubblicato nel 1745: «Il seminario forma i buon preti; e il profitto spirituale di tutto il popolo dipende dai buoni preti. Un seminario ben organizzato assicurerà la santificazione della diocesi; altrimenti ne sarà la rovina».
- Vescovo proiettato al futuro, monsignor de Liguori è il vescovo delle vocazioni. Un giorno, dopo una sua predica, quindici giovani chiesero di consacrarsi a Dio. Ma se Alfonso invita con entusiasmo, poi sceglie con ponderatezza. Ad una persona che aveva con insistenza raccomandato un giovane palesemente inadatto al sacerdozio, Alfonso fa notare con fermezza: «Avete altro da dirmi? No. Ebbene! Immaginate che avete parlato a un morto».
- Vescovo proiettato al futuro, ma Alfonso è prima di tutto vescovo del presente, compie azioni concrete alla realtà. Durante la carestia del 1764, organizza egli stesso un aiuto umanitario alla sua diocesi dicendo ai suoi collaboratori: «Donate… che ognuno se ne vada contento. Non fanno che domandare ciò che a loro appartiene». Infatti aveva scritto nelle sue Riflessioni utili ai vescovi :«Il vescovo comprenda bene: la Chiesa non lo provvede di rendite per usarne a capriccio, ma per soccorrere i poveri»; e nelle direttive pratiche «In caso di estrema necessità, i beni appartengono a tutti… È quindi un diritto dei poveri prendere dal ricco.
La spiritualità di S. Alfonso è dunque una spiritualità di un uomo libero, di un adulto responsabile. Riconoscendo i talenti ricevuti da Dio, si sforza di farli fruttificare. Pastore di anime di cui si sente responsabile, si sforza di aiutarli ad aprirsi al sole del vangelo.
E quando sente di non poter essere più in gradi di servire, fa la sua rinunzia in piena libertà interiore.
Il suo esempio spinge seriamente ancora oggi alla scelta dei poveri e all’impegno per le vocazioni.
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Nota dell’editore: il profilo riportato è solo un estratto dell’operetta in francese “Prier 15 jours avec Saint Alphonse” , non ancora pubblicato in Italia – Si spera di non ledere alcun diritto di autore… In caso contrario, se sarà dato avviso, questo post sarà rimosso.
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S. Alfonso Vescovo di S.Agata dei Goti
(Da “Evangelizare pauperibus” – Studio R. München 1987)
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Visita la Novena storica scritta dal P. Pier Luigi Rispoli nel 1830
5. QUINTO GIORNO Dalla promulgazione di varie opere, sino all’ elezione del Vescovado. |