AGONIA DI GESU’ NEL GETSEMANI

27. L’AGONIA DI GESU’ NEL GETSEMANI

Il nostro amoroso Salvatore, giunto nell’orto del Getsemani, diede spontaneamente principio alla sua amara passione, acconsentendo al timore, al tedio e alla mestizia di affliggerlo con tutti i loro tormenti: Cominciò a sentire paura, tedio e tristezza (Mc 14,33 Vg; Mt 26,37 Vg).
Anzitutto cominciò a sentire un grande timore della morte e delle pene che tra breve avrebbe dovuto soffrire: Cominciò a sentire paura. Ma come: non si era egli spontaneamente offerto a tali patimenti? Si offrì perché egli lo volle (Is 53,7). Non era egli colui che aveva tanto desiderato il tempo della sua passione, avendo detto poco prima: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi? (Lc 22,15). Perché allora provò tanto timore della morte, che giunse a pregare il Padre suo di liberarlo? Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice (Mt 26,39).
Risponde il venerabile Beda:  “Prega che passi il calice per mostrare che è veramente uomo”. Egli, l’amante Signore, voleva morire per noi per mostrarci con la sua morte l’amore che ci portava. Però, affinché gli uomini non pensassero che egli avesse assunto un corpo immaginario – come hanno be-stemmiato alcuni eretici – oppure che fosse morto senza provare sofferenza in virtù della sua divinità, egli fece quella preghiera al Padre non già per essere esaudito, ma per farci sapere che moriva come uomo, e moriva afflitto da un gran-de timore della morte e dei dolori che l’avrebbero accompagnata. […]
Cominciò a sentire tedio. Cominciò inoltre a sentire un grande tedio per le sofferenze che l’attendevano. Quando si è tristi, anche le delizie danno fastidio. Ora, quali angosce, unite a questo tedio, dovette recare a Gesù l’orrido apparato, che allora gli si presentò alla mente, di tutti i tormenti esterni ed interni che in quello scorcio di vita avrebbero crucciato il corpo e l’anima sua benedetta?
Allora gli si presentarono davanti distintamente tutti i dolori che avrebbe dovuto soffrire, tutti gli scherni che avrebbe ricevuto dai Giudei e dai Romani, tutte le ingiustizie che avrebbe dovuto soffrire da parte dei giudici: Soprattutto gli si presentò la morte desolata che avrebbe fatto, abbandonato da tutti, dagli uomini e da Dio, in un mare di dolori e di disprezzi. Tutto questo gli cagionò un tedio così amaro, che lo spinse a domandare conforto all’eterno suo Padre.
Gli apparve un angelo… a confortarlo (Lc 22,43). Venne per Gesù il conforto, ma esso, invece di diminuire il suo do-lore, glielo aumentò. Infatti l’angelo lo confortò perché soffrisse ancora di più per amore dell’uomo e per la gloria del Padre.
Cominciò a provare tristezza e angoscia (Mt 26,37). Con la paura e con il tedio, Gesù cominciò insieme a sentire una grande tristezza e afflizione di spirito. […]

Signore, tu sei la gioia del paradiso, tu allieti il cielo e la terra: perché ora sei così afflitto e mesto, e dici che la tristezza che ti affligge è sufficiente a farti morire? La mia anima è triste fino alla morte (Mc 14,34). Mio Redentore, ti capisco: più che i dolori fisici, furono i peccati degli uomini e, fra questi, i peccati miei che allora ti causarono quella grande sofferenza di morte. (Amore delle Anime VI,1-5)