Fratello Rosario Adduca (1793-1860) – Italia.
Fratello Rosario Adduca (1793-1860)
Nacque a Maschito in provincia di Potenza nell’anno 1793, il 6 Ottobre, da Carmine e da Maria Cappariello.
All’età di 14 anni restò orfano di padre, e fu costretto a mettersi a fare il pastore essendo di povera e numerosa famiglia.
Egli quindi passava tutta la sua giornata in preghiera ed a tale effetto si portava in campagna delle immaginette e delle candele; ivi erigeva i suoi altarini e, mentre il gregge pascolava, a somiglianza di S. Pasquale Baylon, impiegava il tempo in pregare sempre, specialmente recitando diverse volte la corona del Rosario.
A 20 anni nel 1813, dato l’addio ai parenti ed al mondo, si ritirò nella nostra Congregazione e fece il suo noviziato a Deliceto con tutto il fervore proprio dei Santi.
Qui si abituò a quella mortificazione esterna, che poi praticò sempre fino agli ultimi giorni della sua vita; alzarsi tutte le mattine alle ore 5 nelle varie stagioni dell’anno; portare spesso dei cilizi sulla viva carne; flagellarsi almeno due volte alla settimana; nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato fare con la lingua per terra delle croci prima del pranzo e della cena; baciare i piedi ai confratelli, chiedere a volte loro in elemosina la minestra; mescolare alle pietanze erbe amare; mangiare in ginocchio, oppure seduto per terra in una posizione alquanto scomoda; passare lunghe ore in ginocchio senza appoggiarsi; praticare altre mortificazioni giornaliere o settimanali, a seconda che venivano sorteggiate tra i novizi.
Che dire dei suoi trasporti verso Gesù Sacramentato? Lo visitava spessissimo, e quotidianamente Lo riceveva nella S. Comunione.
E dell’amore alla Madonna? Ogni mattina Le chiedeva la S. Benedizione e si metteva sotto il suo manto, recitando tre Ave con la faccia a terra, soggiungendo ad ognuna di esse la bella giaculatoria :«Per la tua pura ed Immacolata Concezione, o Maria, fa puro il corpo e santa l’anima mia».
Durante il giorno ripeteva spesso l’Ave Maria, specialmente nel cominciare e terminare le diverse azioni. Recitava sempre il Santo Rosario e si gloriava di portarne al fianco la corona, tenendola continuamente in mano quando non era occupato nel lavoro. Giorno per giorno chiedeva alla Madonna la grazia della S. Perseveranza nell’istituto, recitandoLe la Salve Regina.
Speciale devozione nutriva alla Madonna delle Grazie, venerata nel proprio paese, di cui volle avere l’ immagine nella sua stanza.
Onorò pure Maria SS. sotto il titolo dell’ Addolorata e dell’ Immacolata Concezione, recitando più volte al giorno la preghiera così affettuosa composta da S. Alfonso e che comincia con queste parole:«Santissima Vergine Immacolata e madre mia Maria…».
Anch’ egli volle, come tutti i signorini, emettere il cosiddetto voto di sangue, se fosse stato necessario per difendere il privilegio che Maria aveva avuto, di venire al mondo concepita senza neo di colpa anche originale; privilegio che egli potè finalmente sentire, con immensa gioia del suo cuore, essere definito come articolo di fede nel 1854.
In tutti i mercoledì e sabato dell’ anno egli si asteneva dal mangiare carne, come nei venerdì, anzi nel sabato prese la pratica di digiunare, in pane ed acqua per lo più ad imitazione di S. Alfonso e di S. Gerardo, il che usò fare anche in tutte le vigilie delle feste principali della SS. Vergine.
Così pure nelle novene che precedevano tali festività, Fratello Rosario si esercitava in altre speciali mortificazioni e penitenze corporali in uso nella Congregazione.
Terminato il noviziato, passò a Pagani, indi venne assegnato di stanza in Sicilia ad Agrigento.
Nel 1826 il Rettore Maggiore P. Cocle, portatosi in S. Visita al Collegio di Agrigento stabilì che per l’assistenza alla Biblioteca Pubblica vi attendesse Fratel Rosario.
Quale encomio più bello poteva tributare alla virtù del nostro santo fratello l’atto di fiducia in lui posta dai Superiori e specialmente dall’inclito Rettore Maggiore?
L’8 settembre 1827, Festa della Natività di Maria, si legò perpetuamente a Dio con i santi voti di povertà, di castità e di obbedienza, ai quali aggiungeva il voto e giuramento di perseveranza nell’Istituto.
Incaricato di badare al servizio della chiesa, quivi s’intratteneva quasi tutto il giorno ed era sempre in movimento per tenerla pulita e nel rassettare ogni cosa. Era tanto svelto nel disimpegno dell’ufficio di Sagrestano, che sembrava non posasse mai piedi per terra.
Quando aveva messo a posto ogni cosa non si sedeva, ma restava sempre in ginocchio a pregare. I fedeli ne rimanevano ammirati ed avvicinandolo si raccomandavano alle sue fervorose preghiere; egli loro ripeteva questa espressione che gli era molto abituale: «Fate la volontà di Dio».
Il decreto nefasto di Garibaldi del 1860 scagliato contro i Padri Liguorini, obbligava costoro a disciogliersi e ad allontanarsi dalle comunità il giorno 2 agosto, festa del nostro S. Fondatore.
Ma dove sarebbero andati? L’amore alla Congregazione non li voleva tenere separati e quindi decisero di stare uniti prendendo la via dell’isola di Malta, lasciando a Girgenti il solo Fr. Rosario, essendo vecchio di 67 anni e di malferma salute, che di lì a poco l’avrebbe portato al sepolcro, cioè 17 giorni dopo.
Infatti nel Catalogo dei Morti, esistente nell’Archivio Generalizio di Roma sta scritto: «Rosarius Adduca, laicus, obiit in Girgenti die 19 Aug. 1860, aetate provectus et jam morte vicinus eum Nostri insulam dereliquerunt».
La mattina del 19 agosto Fr. Rosario, postosi a sedere sul letto, col volto composto a sorriso, rivolgeva lo sguardo sul bel quadro della Madonna delle Grazie, collocato sulla parete opposta, e, dopo alcuni istanti, rimaneva immobile come assorto in dolcissima estasi, e alle ore 5 a.m. volò al Cielo.
Appena sparsasi la notizia della morte vi fu un continuo accorrere di persone desiderose di vederne e toccarne il cadavere. Tutti gli oggetti di Fr. Rosario andarono a ruba come preziose reliquie.
La voce concorde che Fr. Rosario era un uomo di santa vita e che egli aveva fatto altresì una morte da santo, fece sorgere l’idea di conservarne le fattezze, ritraendo la sua immagine in una tela.
Sotto l’immagine l’Avv. D. Giov. B. Picone vi scrisse le seguenti parole che compendiano tutta la vita. «Frater Rosarius Adduca laicus professus C. SS. R. lucanus, Charitate erga Deum et pauperes fervens, sine intermissione per multos annos orans, durissimo vitae genere carnem spiritui subijciens,regularis observantiae exemplum. Animam Deo reddidit 19 Augusti 1860».
Fr. Rosario pochi giorni prima della sua morte disse al Sig. Alfonso Manto: «Alfonso, mi devi seppellire ai piedi dell’altare dell’Addolorata». E così fu fatto. Ma prima di seppellirlo Alfonso andò a prendere la misura esatta sulla cassa mortuaria. Allora Fr. Rosario aprì gli occhi e lo guardò lungamente con un sorriso di compiacenza in segno di gratitudine per quanto si faceva per lui.
Nella piccola Vita di Fr. Rosario, stampata dal P. De Caro si riportano molte grazie ottenute da Dio a sua intercessione. Voglia il Signore presto innalzarlo agli onori dell’Altare…
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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.2 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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