7. Maria, un "sì" totale per la
redenzione
Stavano presso la croce di Gesù sua madre... (Gv 19, 25)
Abbiamo visto fin dall'inizio di queste nostre meditazioni che, nei
piani divini, la missione di Maria non era limitata solo alla
persona di Cristo, ma si estendeva all'intera sua opera, ossia alla
redenzione del mondo e alla salvezza di tutti gli uomini.
L'impostazione data dagli evangelisti ai loro scritti di mettere in
rilievo solo la figura di Cristo dall'inizio della vita pubblica,
accennando con discrezione a Maria nei momenti cruciali della
redenzione, continua anche nei racconti della passione e morte di
Gesù. Essi, infatti, unanimemente tacciono di lei per quasi tutto lo
svolgersi del dramma; ma al momento supremo, quando tutto sta per
concludersi, uno di loro, uno di loro, Giovanni, ha cura di notare
che "stavano presso la croce di Gesù sua madre... "col gruppo delle
pie donne, aggiungendo poi le parole da lui rivolte alla madre
stessa e al discepolo (Gv 19, 25-27).
Il preziosissimo, seppur fugace, particolare tutt'altro che indicare
una fortuita presenza all'ultima ora della Madonna sul Calvario, ci
vuole far intendere che ella fu presente e partecipò direttamente di
persona all'intero corso della passione di Gesù, fino al suo
consumarsi con la morte in croce. Se sul Calvario, presso la croce
di Gesù, c'era Maria sua madre, vuol dire che ella era a Gerusalemme
in quei giorni e se era a Gerusalemme, allora ha visto tutto, ha
assistito a tutto. Ha assistito alle grida "Barabba, non costui!",
ha assistito all"Ecce homo!", ha visto la carne della sua carne
flagellata, sanguinante, coronata di spine, seminuda davanti alla
folla, sussultare scossa da brividi di morte sulla croce. Ha udito
il rumore dei colpi di martello e gli insulti "Se sei il figlio di
Dio...". Ha visto i soldati dividersi le sue vesti e la sua tunica
che lei stessa, forse, aveva intessuto. Non ha avuto torto la pietà
cristiana quando ha applicato a Maria sotto la croce le parole
pronunciate dalla figlia di Sion nella sua desolazione: "O voi tutti
che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore
simile al mio dolore!" (Lam 1, 12).
Non per caso
Perché Maria partecipò alle tragiche sequenze della passione e morte
di Gesù, e come vi partecipò?
Fu presente non per caso o per circostanze naturali: non solo e non
principalmente perché spinta dall' amore materno che porta la madre
là dove il figlio soffre e muore per assisterlo, compatirlo,
aiutarlo, alleviargli, come può, i dolori; non nella speranza di
sottrarlo almeno al supplizio estremo; non affranta e curva sotto il
peso di una disgrazia o avversità ineluttabile; meno ancora
stringendo i denti e trovando a fatica la forza di rassegnarsi e
resistere di fronte allo scatenarsi della perversità umana
implacabile contro il suo divin Figlio.
Maria volle, invece, essere presente partecipando ad ogni istante
della passione e morte di Cristo, per unire se stessa e le proprie
sofferenze ai suoi dolori e alla sua morte, e così contribuire - per
quanto le era possibile - alla salvezza degli uomini, pienamente
consapevole della sua missione di madre e socia del Redentore.
Il grande giorno
Sicché il venerdì santo, come fu il grande giorno di Gesù, per il
quale egli era venuto nel mondo (Gv 12, 27), così sarà il suo più
grande giorno per Maria, dopo l'Annunciazione e il Natale. Ella,
infatti, in tal giorno porterà alle estreme conseguenze la sua
divina maternità e compirà la fatica suprema della sua
collaborazione all'opera redentrice del Figlio, "morendo"
misticamente con lui ai piedi della croce.
Questa visione di Maria che si unisce al sacrificio del Figlio ha
trovato una espressione sobria e solenne in un testo del Concilio
Vaticano Il: "Anche la beata Vergine ha percorso il suo
pellegrinaggio di fede e ha serbato fedelmente la sua unione col
Figlio fino ai piedi della croce, dove, non senza un disegno divino,
fu presente in dolorosa compassione col suo unigenito Figlio,
associandosi con animo materno al suo sacrificio e unendo il suo
amorevole consenso all'immolazione della vittima che lei stessa
aveva generata." (LG 58)
Maria non stava dunque presso la croce di Gesù, vicino a lui, solo
in senso fisico e geografico, ma anche in senso spirituale. Era
unita alla croce di Gesù; era dentro la stessa sofferenza: soffriva
con lui. Soffriva nel suo cuore quello che il Figlio soffriva nella
sua carne. E chi potrebbe pensare diversamente, se appena sapesse
cosa vuoi dire essere madre?
Come Cristo gridò: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
(Mt 27, 46), così anche la Vergine Maria dovette essere penetrata da
una sofferenza che umanamente corrispondeva a quella del Figlio.
Maria ha bevuto, e fino in fondo, il calice della passione di
Cristo. Ora che la sua "ora" era giunta, c'è tra Gesù e sua madre in
comune la stessa sofferenza. In quei momenti estremi, in cui anche
il Padre si è misteriosamente sottratto al suo sguardo di uomo, a
Gesù è rimasto solo lo sguardo della madre, in cui cercare rifugio e
conforto.
"Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19, 26)
L'evangelista Giovanni ci ha conservato anche le parole che Gesù
dalla croce rivolse alla madre e al discepolo prima di morire;
parole che - considerato il momento nel quale furono pronunziate -
non possono non avere attinenza con l' opera della redenzione umana,
in cui la Vergine era chiamata a compiere la sua parte. Gesù,
dunque, volgendo lo sguardo alla madre e accennando a Giovanni,
dice: "Donna, ecco il tuo figlio"; e a Giovanni indicando la madre:
"Ecco la tua madre" (Gv 19, 26-27).
Che cosa voleva dire Gesù con quelle parole e come le intese Maria?
Esse hanno certamente un primo significato immediato e concreto.
Gesù affida Maria a Giovanni e Giovanni a Maria. Ma non dobbiamo
sorvolare in fretta su questo significato immediato, che invece ci
dice qualcosa di importante sull'itinerario spirituale della Madre
di Dio.
Ella ci appare, qui, ancora una volta, come la donna pellegrina e
forestiera in questo mondo, colei che non ha una sua casa, né posto
tutto per sé nel mondo, ma si lascia collocare da Dio. Al momento
della nascita del Figlio, quando la Parola di Dio l'ha messa in una
situazione di totale solitudine di fronte agli uomini, Dio dice a
Giuseppe di accoglierla: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di
prendere con te Maria (Mt 1, 20). E Giuseppe la prese con sé. Ora,
al momento della morte del Figlio, ritrovatasi di nuovo sola al
mondo, Dio dice a Giovanni di prenderla con sé e Giovanni "da quel
giorno la prese con sé". Maria è davvero la donna sradicata, che
della sua vita lascia decidere a Dio.
Ma questo non esaurisce il significato della scena. Essa ha un
significato più universale ed ecclesiale. Questo significato
ecclesiale è che il discepolo non rappresenta qui solo Giovanni, ma
il discepolo di Gesù in quanto tale, cioè tutti i discepoli. Essi
sono dati a Maria da Gesù morente come suoi figli, allo stesso modo
che Maria è data ad essi come loro madre. Le parole di Gesù furono
anzitutto per lei una nuova rivelazione dei misteri e piani divini
della sua missione; missione che si dilatava dalla maternità divina
del Cristo e della collaborazione alla sua opera redentrice, alla
maternità spirituale su tutti gli uomini e sulla Chiesa.
Il Concilio Vaticano II a questo riguardo ci ricorda: "Predestinata
fin dall'eternità quale Madre di Dio insieme all'incarnazione del
Verbo, la beata Vergine è stata qui in terra, per disposizione della
provvidenza divina, l'alma madre del Redentore divino, l'associata
singolare e più di ogni altro generosa, e l'umile serva del Signore.
Concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre
nel tempio, soffrendo insieme col suo Figlio che moriva in croce,
ella ha cooperato in modo unico all'opera del Salvatore, in
obbedienza e fede, in speranza e carità ardente, per restaurare la
vita soprannaturale degli uomini. Per questa ragione è stata per noi
madre nell'ordine della grazia." (LG 61)
E da quel momento il discepolo la prese con sé (Gv 19, 27)
Abbiamo visto come Maria sotto la croce è divenuta nostra madre.
Continuando, Giovanni scrive: "e da quel momento il discepolo la
prese con sé". Dobbiamo, quindi, imitare Giovanni, prendendo. da
questo momento con noi, Maria nella nostra vita. Questa frase nel
testo originale può significare due cose, da tenere forse unite: "la
prese nella sua casa" e "la prese tra le cose più care".
Si pensa troppo poco a ciò che significa questa breve frase. Maria
passò gli ultimi anni della vita con Giovanni. Chi può dire cosa
significò per il discepolo avere con sé, in casa, giorno e notte,
Maria? Pregare con lei, con lei consumare i pasti, averla davanti
come ascoltatrice quando parlava ai suoi fedeli, celebrare con lei
il mistero del Signore?
Ora ci domandiamo: cosa può significare concretamente per noi
prendere Maria nella nostra casa? Bisogna affidarci a lei. S. Luigi
Grignon de Monfort, apostolo dell' affidamento a Maria, nel suo
celebre Trattato della vera devozione, a proposito di questo scrive:
"Dobbiamo abbandonarci allo spirito di Maria per essere mossi e
guidati secondo il suo volere. Dobbiamo metterci e restare tra le
sue mani verginali come uno strumento tra le mani di un operaio,
come un liuto tra le mani di un abile suonatore. Dobbiamo perderci e
abbandonarci in lei come una pietra che si getta nel mare. Insomma
"fare tutte le proprie azioni per mezzo di Maria, con Maria e per
Maria, per poterle compiere in maniera più perfetta per mezzo di
Gesù, con Gesù, in Gesù e per Gesù".
Questo significa, in senso spirituale, prendere Maria con sé:
prenderla come compagna e consigliera, sapendo che essa conosce,
meglio di noi, quali sono i desideri di Dio a nostro riguardo. Se si
impara a consultare e ad ascoltare in ogni cosa Maria, essa diventa
davvero per noi la maestra impareggiabile nelle vie di Dio, che
insegna dentro, senza strepito di parole. Non si tratta di una
astratta possibilità, ma di una realtà di fatto sperimentata, oggi
come in passato, da innumerevoli anime.
P. Maurizio Iannuario |