2. Maria, un "sì" al servizio
La visita di Maria alla
cugina Elisabetta
Subito dopo l'Annunciazione, il Vangelo ci presenta Maria che lascia
la sua casetta di Nazareth per andare a visitare la cugina
Elisabetta per assisterla negli ultimi mesi di gravidanza: " In quei
giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in
fretta una città di Giuda. Entrata in casa di Zaccaria, salutò
Elisabetta" (Lc 1,39-40). Col "fiat" cioè il sì risposto all'angelo
dell'Annunciazione, Maria era diventata madre del Cristo, madre di
Dio. Abbiamo detto qualcosa, nello scorso articolo, su ciò che ha
significato per lei tale evento. Se la vita spirituale di Maria fu
sempre immersa in Dio, quanto più non lo sarà diventata dopo
quell'avvenimento, quando ella anche fisicamente sentiva in sé il
suo Signore ed era inondata dalla sua grazia? Non avrebbe voluto
stare, senza interruzione, in contemplazione e in adorazione di lui?
Invece lascia il dolce nido di Nazareth, intraprende un lungo e
faticoso viaggio e per tre mesi resta in casa altrui, tenendo
compagnia e prestando i più umili servizi all'anziana parente. In
tutto ciò noi dobbiamo vedere, oltre che la pronta risposta agli
inviti dello Spirito, la sua piena disponibilità al servizio dei
fratelli, la profonda umiltà e la squisita carità. Ella cioè non
pensa a se stessa, al suo stato, alle sue condizioni, nemmeno alle
più intime esigenze del suo spirito, ma anzitutto e soprattutto agli
altri; non fa conto dell'immensa dignità di essere madre di Dio;
rinuncia perfino alle ineffabili dolcezze della pura contemplazione
e vita interiore, per mettersi umilmente a servizio del prossimo.
Così Maria si recò " in fretta", dice il Vangelo, quasi sollevata
sulle ali della carità. L'Annunciazione si salda con la Visitazione.
Maria non si trattiene a compiacersi per ciò che le è successo. E'
subito in piedi, pronta a partire. La sua è una chiamata che non la
tiene chiusa in casa, ma la mette per strada. Dio è diventato l'Emmanuele
ossia il "Dio con noi", perché quella. fanciulla si è fatta trovare
presente all'incontro con Lui.
Dio torna a dire di sì al mondo, perché Maria ha riscattato tanti
rifiuti col suo sì decisivo. Per questo cammina in fretta. Il suo
non è certo il passo di chi segue un funerale. E' il passo di chi
annuncia la nascita dei tempi nuovi. Grazie ai passi di Maria, Gesù
è in cammino, prima ancora di nascere, sulle strade del mondo.
Grazie a lei, che affronta un cammino impervio, Cristo accorre dove
c'è una necessità, va verso gli uomini.
Beata colei che ha creduto! (Lc 1,45).
All'entrare di Maria nella casa della sua anziana parente, già
visitata prodigiosamente da Dio, avviene, per così dire, una piccola
Pentecoste: Elisabetta è illuminata sul mistero di lei, il bambino
"sussulta" di gioia nel grembo della madre, ed ella, "piena di
Spirito Santo ", esclama: " Benedetta tu fra le donne, e benedetto
il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore
venga a me? Beata colei che ha creduto all'adempimento delle parole
del Signore" (Lc 1,41-45).
Osserviamo attentamente il racconto e notiamo la dinamica dell'
operare della grazia. Maria "porta" Gesù in casa di Elisabetta.
Questa è illuminata dallo Spirito Santo e canta per prima le lodi
della madre di Dio, il bambino nel suo grembo è santificato e
"sussulta" di gioia proclamando già la venuta del Cristo, "al
saluto" di lei, cioè tramite la presenza e la voce di Maria. In
altre parole: Cristo incarnato ancora nascosto nel grembo della
Vergine, già opera stupendi prodigi di grazia per mezzo di lei.
Il catechismo della Chiesa Cattolica ai nn.724-275 scrive:" In Maria
lo Spirito Santo manifesta il Figlio del Padre, .divenuto Figlio
della Vergine. Ella è il roveto ardente della Teofania definitiva:
ricolma di Spirito Santo, mostra il Verbo nell'umiltà della sua
carne ed è ai poveri e alle primizie dei popoli che lo fa conoscere.
Infine, per mezzo di Maria, lo Spirito Santo comincia a mettere in
comunione con Cristo gli uomini, oggetto dell'amore misericordioso
di Dio..."
Maria è quindi già all'esercizio attivo dei suoi uffici di madre e
collaboratrice del Cristo nella redenzione del mondo. E' all'opera
come suo trono o tabernacolo vivente, quale suo strumento di
comunicazione, quale sua inseparabile compagna nella salvezza
dell'umanità. Tutto questo è stato possibile per la sua grande fede:
"Beata colei che ha creduto..." (Lc 1,45).
Elisabetta inventa la beatitudine più adatta e coglie la vera
grandezza di Maria. Maria è colei che ha creduto, ossia si è fidata
di un Altro, si è lasciata portare da un Altro. Non ha accettato un
elenco di proposizioni, una sfilza di verità, una dottrina. Si è
aggrappata a una Parola, una Parola nuda, spoglia, che non le ha
fornito delle sicurezze, non ha esibito delle prove convincenti, ma
l'ha messa in cammino, l'ha scaraventata lungo un itinerario
impensato, e ancora tutto da scoprire, l'ha aperta
all'imprevedibile. Maria ha creduto "ali 'adempi mento delle parole
del Signore". Ella non è una creatura che sa, ma una creatura che
crede. Non possiede, in anticipo, le risposte per tutti gli
interrogativi. Scommette, piuttosto, sul Dio che non delude e si
arrende totalmente a Lui.
L'anima mia magnifica il Signore... (Lc 1,46-55).
Come in una vera Pentecoste l'onda dello Spirito investe e travolge
anche la stessa Maria e la trasforma in profetessa, rivelatrice di
sé e del suo mistero cantando le opere di Dio (mirabilia dei), il
cui apice si avrà nell'imminente comparsa di Cristo. Maria, infatti,
investita dallo Spirito risponde al saluto di Elisabetta proclamando
il suo " Magnificat", il più sublime inno della Bibbia e forse il
più bello di ogni letteratura umana. E' l'inno per eccellenza della
lode e del ringraziamento a Dio per aver posato gli occhi sulla sua
bassezza e fatto "grandi cose" in lei, sua povera "serva"; l'inno
della visione profetica del suo mistero, per cui ormai "tutte le
generazioni" la chiameranno "beata"; è il canto di fede e di amore
alla santità di Dio, cioè alla sua giustizia, sapienza e provvidenza
nel dirigere il corso della storia; in particolare di gratitudine
per la speciale predilezione avuta verso il suo popolo e per la
`fedeltà" mantenuta alle promesse fatte ad Abramo e alla "sua
discendenza" nel corso di tutti i secoli.
L'inno dunque in cui Maria, più e meglio che mai, rivela se stessa e
il suo abituale stato d'animo: la sua mente, il suo cuore, i suoi
pensieri, i suoi sentimenti; l'ardénte e gioioso amore a Dio e la
viva gratitudine per tutti i suoi benefici, la fede più illuminata,
l'umiltà più profonda. Sarà appena necessario sottolineare, in
particolare, il carattere eccezionalmente profetico delle parole:
"tutte le generazioni mi chiameranno beata". Umanamente parlando,
niente di più inimmaginabile o piuttosto paradossale: lei, povera
fanciulla di un villaggio sconosciuto ai limiti del mondo civile di
allora, divenire oggetto di ammirazione e di venerazione del mondo
intero! Eppure tutta la storia della Chiesa e tutta la geografia
della fede e della pietà mariana sono là a testimoniare che quella
profezia si è pienamente avverata e si sta tuttora compiendo.
Davvero la Visitazione diventa, quindi, per Maria e per noi,
rivelazione del suo mistero e la luminosa primizia della sua
missione di socia e collaboratrice di Cristo per la salvezza del
mondo, facendoci così gustare una conoscenza più intima e più
profonda di lei: del suo animo, della sua dignità, delle sue virtù
ma soprattutto della sua missione di "soccorso" e di servizio al
nostro cammino di fede.
P. Maurizio Iannuario |