13. S. Alfonso poeta
La poesia come annuncio [i titoletti sono redazionali]
La poesia di S. Alfonso ha, praticamente lo stesso scopo che aveva la pittura attraverso l’immagine: parlare alla gente, annunciare il mistero della salvezza al popolo, annunciare la misericordia di Dio. Con la poesia, dunque egli cercava di annunciare la bontà e la misericordia di Dio, proclamare la redenzione operata da Cristo attraverso la sua morte e la sua Resurrezione, ricordare i Novissimi, cioè le ultime realtà dell’uomo: morte, giudizio, inferno e paradiso, e diffondere la devozione verso 1’Eucaristia e versola Madonna.
Quindi questi erano gli intenti di S. Alfonso quando decise di sfruttare la sua vena poetica, la sua intelligenza utilizzando anche la poesia. Prossimamente parleremo anche di S. Alfonso musicista, perché musicò e cantò molte delle sue poesie. Infatti possiamo definire S. Alfonso tra i pochi santi, se non l’unico, «santi cantautori».
Dunque anche per la poesia in S. Alfonso un intento strettamente pastorale, dietro l’esigenza di esternare la propria poesia. E questo l’hanno ricordato grandi critici, grandi studiosi di S. Alfonso, ma anche della letteratura italiana, tra i quali in modo particolare Piero Bargellini e lo storico e critico letterario Giovanni Gatto.
“Tu scendi dalle stelle”
Per iniziare a parlare più direttamente di quest’altra straordinaria attività del Santo napoletano, voglio ricordare un fatto della vita di Giuseppe Verdi. Questo grande musicista italiano, nella notte di Natale del 1890, ascoltando la messa nella cappellina del palazzo Doria a Genova, dove abitava, si congratulò con i ragazzi cantori «per aver eseguito con bella intonazione quella tradizionale canzone sacra, che era “Tu scendi dalle stelle”, senza la quale Natale non sarebbe Natale».
E di questa pastorale che sicuramente è il canto natalizio più celebre, più diffuso del folclore italiano, autore delle parole e della musica è appunto S. Alfonso de Liguori, certamente il più celebre dei Santi del nostro Settecento italiano. Egli è stato autore delle musiche e delle parole di oltre quarantacinque canzoncine spirituali. Oltre alle canzoncine, scrisse vari componimenti poetici.
E riguardo a «Tu scendi dalle stelle» voglio ricordare anche che è stata scritta a Nola nel dicembre del 1754 nel periodo natalizio, proprio in occasione di una missione che lui stava predicando in questa cittadina.
S. Alfonso alloggiava presso un sacerdote della zona che si chiamava don Michele Zamparelli e il Santo la compose in poco tempo, in poche ore. Il sacerdote che ospitava S. Alfonso, don Michele appunto, sentendo le parole e anche la musica con cui S. Alfonso accompagnava queste parole, gli piacque così tanto da chiedere al Santo se gliela avrebbe fatta copiare. S. Alfonso rispose di no perché prima avrebbe dovuto stamparle e poi eventualmente gliene avrebbe regalato una copia.
E invece don Michele, che doveva essere un prete un po’ birbone, mentre S. Alfonso era sceso in chiesa per fare la sua predica intorno al Natale, si copiò di nascosto musica e parole.
La cerimonia religiosa era ormai giunta quasi al termine, e S. Alfonso cominciò a cantare il canto di conclusione, ma a un certo momento lui stesso che aveva scritto quelle parole, ne dimenticò alcune. Nel suo spirito intuitivo, però capì che don Michele aveva copiato le sue parole, e allora mandò un chierichetto a chiedergliele, perché lui le aveva dimenticate. Don Michele rimase così sorpreso, così sconvolto per il fatto che S. Alfonso si fosse accorto di quel furto, che non volle scendere in chiesa, non volle più scendere a cena per mangiare con il Santo. S. Alfonso capì l’imbarazzo di don Michele e allora gli mandò a dire che poteva scendere, tanto l’avvocato per fargli la causa per furto l’avrebbe pagato lui stesso. Capì che era una situazione di scherzo, e che S. Alfonso ci era già passato sopra, aveva già dimenticato il fatto, il furto, chiamiamolo così.
Fonti ispiratrici
Ora parlando di S. Alfonso poeta, naturalmente ci possiamo chiedere: S. Alfonso da che cosa prendeva l’ispirazione per le sue poesie, per le sue canzoni? E possiamo sicuramente rispondere, tenendo presenti proprio le parole delle canzoni che lui ha scritto. S. Alfonso si estasiava davanti ai misteri cristiani, specialmente quando si parlava della misericordia di Dio, della bontà del Signore, della sua generosità nel perdonare l’uomo che pecca, l’uomo che si allontana da lui. Quindi nelle sue canzoni ci sono anche molti ricordi tipici.
Poi l’ispirazione la prende nell’osservazione delle meraviglie della natura. Questo è veramente un fatto anche abbastanza nuovo, interessante, nella vita di un Santo che si incanta davanti alle meraviglie del creato, lo canta questo creato e esprime, partecipa anche agli altri le sue emozioni. Poi, proprio riguardo a questo, non dimentichiamo che S. Alfonso è vissuto lungo la costa amalfitana e nelle alture di Scala e di Ravello, che sono paesi incantevoli, paesi che hanno richiamato l’attenzione di poeti, di scrittori non solo italiani, ma anche di poeti francesi, tedeschi. E poi addirittura lui è nato vicino Napoli, è vissuto a Napoli, quindi il cielo di Napoli il mare di Napoli. È tutto un momento, un’occasione da cui lui prende l’ispirazione per i suoi canti.
Guardando la gente…
Ma un’altra occasione, forse ancora più particolare è il volto della gente. S. Alfonso ha alcuni componimenti poetici, forse sono quelli nei quali lui raggiunge la vetta più alta della poesia, perché sono canti, sono poesie che lui ha costruito guardando, osservando, ascoltando la gente.
In conclusione possiamo dire che tutto il creato, gli esseri viventi, la natura e l’universo intero sono elementi, i soggetti che muovono il suo cuore e la sua fantasia e li trascinano verso l’alto, verso il Creatore, portando con sé le menti e gli affetti dei lettori e degli ascoltatori.
Ecco, e questo lo voglio ribadire, l’ho già detto all’inizio, lo scopo di questa poesia è proprio di elevare il cuore della gente, la mente degli ascoltatori, dei suoi ascoltatori, verso Dio, verso le cose belle.
In questo modo Alfonso si inserisce anche nel lungo elenco degli altri santi che prima e dopo di lui hanno cantato le meraviglie del creato e il mistero della vita cristiana. Poiché anche qui e vogliamo dire un po’ tra parentesi, i santi chi più apertamente chi meno sono tutti un po’ poeti. E così Teresa d’Avila, Filippo Neri, Francesco d’Assisi, Jacopone da Todi, S. Giovanni della Croce. La loro poesia la propongono non soltanto attraverso la metrica, ma anche attraverso la prosa. E non sempre hanno bisogno del verso per essere poeti. E così pure Alfonso ha pagine di alta poesia in tante e lunghe pagine di prosa.
Voglio citare a questo proposito alcuni passaggi, soltanto alcuni per non essere molto lungo, presi da un librettino così piccolo, che per pubblicarlo abbiamo dovuto unirlo ad un altro.
Il libricino si intitola Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio ed è unito ad un’altra operetta, pur essa piccina tanto, però è importantissima nella vita del cristiano, nella formazione della vita spirituale: Uniformità alla volontà di Dio. In questo libricino: Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio, leggiamo: «Quando poi guardate campagne, marine, fiori, frutta che vi rallegrano con la loro vista, col loro odore, dite: Ecco quante belle creature Dio ha creato per me in questa terra affinché io l’ami, e quali altre delizie mi tiene apparecchiate in paradiso!… Quando mirate fiumi o ruscelli, pensate che come quell’acqua corre al mare e non si ferma, così voi dovete correre a Dio ch’è il vostro unico bene.
Quando vi occorre di essere condotta dai giumenti e voi dite: Ecco come questi animali innocenti si affaticano per servirmi: ed io come mi affatico per servire e compiacere il mio Dio? Se quando vedete un cagnolino che per un misero tozzo di pane è così fedele al suo padrone, pensate quanto più voi dovreste usare fedeltà a Dio che vi ha creato e vi conserva e provvede, e vi colma di tanti benefici! Quando udite uccelli che cantano, dite: Anima mia, senti come questi animalucci lodano il loro Creatore. E tu che fai? Quando guardate valli, considerate come esse sono fertili perché vi scolano l’acque dei monti, così dal cielo discendono le grazie nelle anime umili e lasciano i superbi. E quando vedete una bella chiesa addobbata, considerate la bellezza di un’anima in grazia, che è il vero tempio di Dio. Quando guardate il mare, considerate l’immensità e la grandezza di Dio».
Tra gli autori cristiani di laudi
Se queste sono le circostanze estrinseche, alla base della sua poesia ci sono disposizioni e attitudini naturali.
Uno studioso tedesco, Keusch, un redentorista, ha studiato lo spirito poetico del Santo e di lui ha lasciato questa frase: «Alfonso era un uomo perfetto, pieno d’intelligenza e di sentimento». E il suo primo biografo, di lui scrive: «Alfonso riuscì così eccellente nella poesia fin da fanciullo che anche vecchio componeva a meraviglia».
E a questo punto, proprio in base a queste parole, vorrei ricordare che le poesie che noi abbiamo del Santo risalgono tutte a quando era già prete, cioè quando ormai si dava alla missione popolare attraverso le campagne, attraverso i paesi rurali.
Non si hanno invece esercitazioni poetiche né componimenti dei suoi anni giovanili; anche se lui ne avrà scritti sicuramente.
Il Natale
Le poesie di S. Alfonso sono raggruppate per argomenti: delle poesie di Natale abbiamo già ricordato «Tu scendi dalle stelle»; ce n’è un’altra, veramente straordinaria sempre sul Natale, che s’intitola «Fermarono i cieli»: una poesia che dimostra che il cammino delle stelle si ferma perché è avvenuto qualcosa di straordinario sulla terra e tutto il cielo si ferma per ammirare questa meraviglia nuova, una meraviglia attesa da secoli e che non si ripeterà più. «Fermarono i cieli / la loro armonia / cantando Maria / la nanna a Gesù». E sul Natale dobbiamo anche ricordare che S. Alfonso scrisse perfino due poesie in dialetto napoletano: «Quanno nascette Ninno a Bettalemme» ; «Ti voglio tanto bene, o ninno mio». Riguardo a questa canzone la tradizione ci ricorda che Alfonso aveva ricevuto in dono dalla madre un Bambinello che lui teneva sempre vicino e che quindi l’abbia scritta proprio nella continua contemplazione, nel continuo ricordo di questo mistero del Natale e di questo Bambino che gli aveva donato la madre.
La Passione
Oltre alle poesie sul Natale, scrisse delle poesie sulla Passione. Alcune di queste si cantano ancora oggi, specialmente nelle missioni popolari. La più conosciuta è « O fieri flagelli». Riporto soltanto qualche versetto proprio per far vedere come Gesù è visto da S. Alfonso nel momento più drammatico della sua vita. S. Alfonso si rivolge a quei flagelli che colpiscono le carni di Gesù, e dice: «O fieri flagelli, che al mio buon Signore / le carni squarciate con tanto dolore, / Non date più pene / al caro mio Bene, / Non più tormentate l’amato Gesù. / Ferite quest’alma, che causa ne fu». C’è anche una canzone molto celebre, un duetto, forse la composizione più nota di S. Alfonso che ne fa veramente un grande poeta, ma soprattutto un grande musicista.
L’Eucaristia
Poi c’è la poesia eucaristica. Tra queste ricordo O pane del cielo e Fiori felici voi anch’essa molto conosciuta, e che lui pubblicò nel libretto intitolato Visite al SS. Sacramento e a Maria SS. Si tratta anche in questo caso di una poesia di sentimento: S. Alfonso parla con tutto ciò che sta intorno all’Eucaristia, intorno al tabernacolo, parla con i fiori, con le luci, parla con la pisside, col vaso sacro che contiene l’Eucaristia, che contiene il Corpo del Signore.
Poesia di occasione
S. Alfonso scrisse, inoltre, delle poesie occasionali. Questo vuol dire che, al di là dei misteri della nostra religione, al di là dell’amore di Dio, al di là della benevolenza di Maria che viene presentata come mediatrice di grazie, ci sono delle poesie che furono scritte in momenti particolari della vita di S. Alfonso, come per esempio quella che scrisse ripensando alla sua prima sconfitta da avvocato. Dopo dieci anni di successi come avvocato nel foro napoletano, purtroppo era arrivata la sconfitta, dettata però dalla corruzione della corte. Da qui, allora, la sua canzone: «Mondo, più per me non sei, / Io per te non sono più / Tutti già gli affetti miei // Gli ho donati al mio Gesù».
Vi è un’altra poesia, dalle espressioni così forti, così violente che fu tenuta nascosta alla gente. Le ultime parole di questa anima che è dannata, che è all’inferno sono queste: «Ah, non fossi mai nata // Oh quando ero fanciullo / m’avesse soffocata // la balia nella culla! / Oh non sarei caduta / in pena tanto acuta! / Nel cielo ognun gioisce // Sarà il gioire eterno! / Ma qui ognun patisce // sempre sarà l’inferno! Ecco la sorte mia / spietata, eterna e ria».
da Roma 14 marzo 1996
P. Ezio Marcelli
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