Domenico Blasucci

9 – Il Venerabile Domenico Blasucci
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.

Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.

  • Nascita = 05-mar-1732
  • Morte = 02-nov-1752
  • Professione = 02-feb-1751
  • Venerabile = 23 mag- 1906 (decreto di Pio X)

Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
Come candido fiore che si apre alla luce del mattino, Domenico nacque il 5 Marzo 1732. Felice la patria, Ruvo del Monte in Lucania! e fortunati i suoi genitori Nicola Blasucci e Maria Carnevali!

Il fanciullo, carissimo a Dio, sembrava nato più per l’eternità che per la vita presente. Uscì dal grembo materno avvolto da una inconsueta membrana, e non appena ne fu liberato, apparve come un bambino bellissimo e grazioso: subito rivolse le braccia al cielo e le piegò sul petto; da ciò i presenti dedussero che avrebbe portato la croce di nostro Signore. Successivamente fu dato per morto, a causa della scarsità del latte che riceveva, ma poi tornò in vita con l’aiuto di Dio.
Quando rimase orfano di padre, la madre lo educò ad ogni forma di pietà; ed egli corrispondeva con zelo alle cure materne, conducendo una vita santa fin dall’uso di ragione. Evitava la compagnia dei cattivi compagni, dalla sua bocca non usciva mai una parola grossa; e se al suo orecchio di fanciullo arrivava qualche parola sconcia, ne appariva turbato e arrossiva.
Per tenere a freno gli occhi e gli altri sensi praticava penitenze. Pregava immobile per ore intere, spesso piangendo per la dolcezza, talvolta in estasi meravigliosa con la mente fissa in Dio. Dallo zio, in casa, apprese lettere, filosofia e le prime nozioni di diritto canonico.

Ma, appena capì di essere nato non per le realtà caduche e passeggere, ma per le realtà eterne, decise di non pensare più all’apprendimento delle lettere e delle scienze, ma al conseguimento della santità.
Perciò, non tenendo conto della voce del sangue e della carne, il 12 dicembre 1749 lasciò la casa paterna per entrare nella Congregazione del SS. Redentore. Accoltovi da S. Alfonso, indossò l’abito religioso il successivo 2 febbraio. Sotto la guida di P. Villani, un santo uomo, si consacrò al raggiungimento della perfezione, incoraggiato dalle eccelse virtù del Padre S. Alfonso.

Con sensibile sforzo cominciò a praticare lo stile di vita proprio della gioventù liguorina, ma fu assalito da una lenta malattia che le penitenze giornaliere, i digiuni, le veglie continue, i rozzi cilici, il poco sonno e le sanguinose discipline (flagellazioni) aggravarono progressivamente. Perché le forze del giovane, duramente provate, non peggiorassero ed egli potesse essere amorevolmente curato, S. Alfonso lo destinò a Deliceto, in Puglia. Il suo arrivo era stato preceduto da notizie tanto favorevoli che fu accolto a braccia aperte dai compagni. Vi rimase dal 5 settembre alla fine di ottobre del 1751 e questa permanenza rafforzò la generale opinione: infatti, sin dal primo ingresso in Congregazione, non venne mai meno allo stile di vita iniziato.
Era di carattere mite, affabile nel parlare, pronto all’ubbidienza, generoso nell’aiutare, zelante negli esercizi di pietà, sempre paziente, resistente all’assalto delle malattie, e si conquistò l’ammirazione e l’affetto generale.
Strinse amicizia profonda con il santo fratello Gerardo Maiella, il cui esempio brillava ai suoi occhi e la cui santità lo attirava fortemente. Una volta Gerardo, tormentato da una insopportabile aridità, incontrò Domenico e ne invocò l’aiuto e Domenico, tracciando un segno di croce sul di lui petto, subito gli restituì tranquillità e pace.

Per riprendere gli studi interrotti, su ordine dei formatori, si trasferì da Deliceto a Pagani. Qui, come giglio profumato tra i fiori di un giardino, si distingueva tra i giovani studenti per le sue virtù. Essi lo ritenevano un angelo, ma Domenico si reputava ben diversamente, ed ogni volta che guardava qualcuno dei suoi confratelli, egli era come sospeso tra rossore e gioia: infatti li riteneva santi, indegno di servirli.

Felice la Casa liguorina di Caposele che ebbe il privilegio di raccogliere gli ultimi respiri dell’angelico giovane e di custodirne il corpo per i posteri! Nel giugno 1752 essa accolse come ospite eccezionale Domenico.
In lui, frattanto, crescevano i sentimenti di un amore mai pago per Dio: di questo amore la sua anima era accesa, mentre il fisico ne era consumato.
I Padri e gli altri confratelli lo vedevano, vacillante per la magrezza, andare e venire al tabernacolo e restarvi a lungo in estasi. E sentendolo dire: “Che devo fare? Non proibitemi di visitare Gesù che mi chiama!”, a stento trattenevano il pianto.

Era ormai pronto per il cielo: il 2 novembre 1752 per il santo giovane fu il giorno propizio per entrare tra i cori degli angeli. 

IGNOTO sec. XIX, Blasucci Domenico. Roma-Merulana (Foto Carlos Pereira- Raccolta Marrazzo).

 

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