S. Alfonso. Fermezza per zelo di giustizia

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310. S. Alfonso. Fermezza per zelo di giustizia.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

310. S. Alfonso. Fermezza per zelo di giustizia.

La Mensa Vescovile era stata caricata più del solito dai Reggimentari di S. Agata circa la colletta catastale. Alfonso se ne risentì.
Non ottenendo alcuna riduzione, ricorrette alla Regia Camera. Furono così patenti le sue ragioni e si ebbe tal rispetto per lui, che quei Ministri concordemente decisero: “Ciò che si toglie a Monsignor Liguori, si toglie ai poveri”.

  • Ma questi erano passi violenti per Alfonso, e non li dava se non stretto dalla necessità. Era egli inimicissimo di litigi, e se venne a questo coll’anzidetto Arciprete, fu, perché quello era duro ed egli si vedeva tenuto in coscienza.
  • Scrisse l’Arcidiacono Rainone: “Oh quante cose Monsignore superò con altri, con le belle maniere e con lo spirito di Gesù Cristo. Egli soleva dire che insorgendo difficoltà litigiosa, era meglio un male accomodo che un buon litigio”.
  • Anche con l’Arciprete suddetto, cosa non fece per convincerlo con le buone? Gli aveva scritto di volerlo incontrare per comporre amichevolmente le cose; ma quegli né rispose, né vi andò. Alfonso con umiltà gli riscrisse ancora. E solo dopo che l’Arciprete non si diede per inteso, procedette col Metropolitano: egli lo fece solo perché spinto dallo scrupolo e dalla dura necessità.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 70)  Leggi tutto nell’originale.

Alfonso sentiva come una violenza se doveva procedere a giudizio contro i renitenti. E trovava sempre ascolto nelle Regie Camere: “Ciò che si toglie a Monsignor Liguori, si toglie ai poveri”.