S. Alfonso. Regali di nessun genere

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301. S. Alfonso. Regali di nessun genere.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

301. S. Alfonso. Regali di nessun genere.

♦ Nel passato, i regali facevano un corpo di rendita per il Vescovo di S. Agata; e i Santagatesi e tutti i Diocesani non si frenavano nell’esser generosi col proprio Pastore.
 Di queste regalie Alfonso ne fece un sacrificio a Dio. Nel palazzo entravano cenci di poveri, non già sportoni di merci o scatoloni di dolci e cioccolata. Se l’accesso all’Episcopio era interdetto per qualunque regalo, molto più lo era a motivo del ministero.

  • Essendo stato eletto Decano della Cattedrale, il Tesoriere D. Luca Cacciapuoti, (fu questa la prima provvista fatta da Monsignore) gli mandò regalandoli una quantità di cioccolata. Alfonso avendone preso un pezzetto, la rimandò indietro, dicendo che non gli spettava. Se ne dolse il Cacciapuoti; ed Alfonso disse: “Io vi ho fatto giustizia, e non grazia; e per la giustizia non vi è alcun compenso”.
  • Fatto Parroco della Chiesa di S. Tommaso. D. Andrea Jannotti gli fece pervenire un grosso regalo di prosciutti. In vederlo, Alfonso inorridì, e con disgusto lo mandò indietro. Quel Parroco non si arrese; e volendo esserli grato, gli rimandò un regalo di belle frutta. Monsignore si intenerì, conoscendo il buon cuore del Parroco. E dopo averne preso uno per segno di suo compiacimento, ringraziandolo lo rimandò indietro.

Questi esempi non finirebbero, perché ognuno, mostrandosi grato con Monsignore, era sicuro di comparire facendo l’atto di dono, ma di non soffrirne perché lo riaveva indietro.

  • Siccome egli non ammetteva alcun regalo, così voleva che ogni cosa si comprasse. Mancando la frutta verde nel mese di marzo e sapendo che il Parroco D. Francesco Ferrara aveva quantità di meloni, volle che gli si cercassero quattro, a patto che si prendesse il costo.
    Pronto il Parroco gliene mandò dodici. In vederli Alfonso, chiede al messo quant’era il costo. Sentendo che erano un regalo, li rimandò indietro.
    Allora il Parroco si portò di persona, e lo assicurò di non averli comprati. Amaro fu il conflitto; ma il Parroco, rendendosi superiore, Alfonso dovette cedere per non vederlo contristato. Ma fu tale il suo rammarico che non si sognò di incomodare più per l’avvenire né il Parroco, né altri. Se in piazza c’era la merce, la comprava: in caso contrario se ne asteneva, qualunque fosse il suo incomodo.
  • Un altro fatto. un Canonico conosceva il bisogno che Alfonso aveva della frutta verde, menando vita sedentaria, e non richiesto gli presentò altri tre meloni. Alfonso fu deciso: o si prendeva il costo, o li rimandava indietro. Volendo il Canonico uscir d’imbarazzo disse che costavano un tanto, e che dato si fosse per elemosina ai poveri. Così restò quieto Monsignore.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 69)  Leggi tutto nell’originale.

Dei doni destinati al vescovo, Alfonso ne fece un sacrificio a Dio. Nel palazzo vescovile entravano cenci di poveri, non sportoni di merci o scatoloni di dolci e cioccolata. E se l’accesso all’Episcopio era interdetto per qualunque regalo, molto più lo era a motivo del ministero.