210. S. Alfonso. Nessuno ci ama più di Dio.
Pagine Alfonsiane sulla Misericordia
210. S. Alfonso. Nessuno ci ama più di Dio.
♦ Il nostro Dio si dedica talmente al bene dell’uomo, da sembrare che il suo Cuore abbia premura soltanto di amare l’uomo e di farsi amare da lui. Questa considerazione riempiva di stupore il santo Giobbe il quale, parlando con il Signore, esclamava: Che è quest’uomo che tu ne fai tanto conto e a lui rivolgi la tua attenzione? (Gb 7,17). Da ciò si deduce che è sbagliato pensare che sia una mancanza di rispetto verso la sua maestà infinita trattare con Dio con grande confidenza e familiarità.
♦ Certamente tu, cristiano mio, devi umilmente rispettarlo e abbassarti alla sua presenza, specialmente ricordandoti delle ingratitudini e degli oltraggi che nel passato gli hai dato. Tuttavia ciò non deve impedirti di trattare con lui con l’amore più tenero e confidente possibile. Egli è maestà infinita, ma è anche bontà e amore infiniti. Dio è il Signore più grande che ci possa essere, ma è anche colui che ti ama più di tutti.
♦ Egli non disdegna, anzi è contento che tu lo tratti con la stessa confidenza, libertà e tenerezza con cui i bambini trattano le loro mamme. Egli c’invita ad andare da lui e ci promette le sue carezze: I suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati. Come una madre consola il figlio, così io vi consolerò (Is 66,12-13). Come una madre è felice di mettersi il suo bambino sulle ginocchia per nutrirlo e accarezzarlo, con simile tenerezza il nostro buon Dio gode a intrattenersi con le sue creature, che si abbandonano a lui e mettono ogni loro speranza nella sua bontà.
♥ Pensa che non hai amico, né fratello, né padre, né madre, né sposo che ti ami più del tuo Dio. La grazia divina è il grande tesoro per mezzo del quale noi, misere creature e servi, diventiamo amici cari del nostro stesso Creatore: Essa è un tesoro inesauribile per gli uomini; quanti se lo procurano, si attirano l’amicizia di Dio (Sap 7,14).
♥ Egli, al fine di accrescere la nostra confidenza, spogliò se stesso (Fil 2,7), si è annientato, per così dire, umiliandosi fino a farsi uomo per intrattenersi familiarmente con noi ed ha vissuto tra gli uomini (Bar 3,38 Vg). E’ giunto a farsi bambino, a farsi povero, e perfino a farsi giustiziare in pubblico sopra una croce. Inoltre è giunto a mettersi sotto le specie del pane per farsi nostro perpetuo compagno e per unirsi intimamente a noi: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui (Gv 6,56). Insomma egli ti ama tanto, che sembra amare solo te. Perciò tu non devi amare altro che Dio. Di lui puoi e devi dire: Il mio diletto è per me ed io per lui (Ct 2,16). Il mio Dio si è dato tutto a me, ed io mi dono tutto a lui.
(S. Alfonso, Modo di conversare alla familiare con Dio, pp. 313-315)
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