S. Alfonso. La gioia di celebrare ancora la Messa. 1769

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166. S. Alfonso. La gioia di celebrare ancora la Messa 1769.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

166. S. Alfonso. La gioia di celebrare ancora la Messa 1769.

♦ Arienzo 1769. – Si può dire che, forse, Monsignore era più occupato essendo storpio, che sano.  Solo la Messa faceva mancanza nella sua vita.  Disse un giorno Monsignor Liguori al Sacerdote D. Salvatore Tramontana: “Dio vuole che io non dica Messa, ed io non voglio dir Messa”.

Ma se a tutt’altro soddisfaceva come sano, ancorché con grave penalità, anche in questo Iddio volle consolarlo.

  • Erano già due anni, che ogni mattina, non potendo celebrare, assisteva alla Messa e si comunicava. Essendo stato da lui, il Sabato precedente all’ultima Domenica di Agosto del 1770, il P. Maestro Marcorio, già Priore del Convento di S. Agostino, lo invitò a predicare nella propria Chiesa per la Domenica susseguente, perché festa della Cintura.
  • Si compromise Alfonso; e discorrendo gli espresse la pena che soffriva, perché inabile a poter celebrare. Vedendolo afflitto, il Padre Maestro disse che per le Rubriche meno essenziali lo scusava la necessità, e che si poteva adattare sopra una sedia per bere al Calice.
  • Sentendo ciò, Alfonso diede in un estro di gioia. Avendo, per la seconda e terza volta, fattane l’esperienza, la Domenica celebrò con sua sensibile consolazione. Il dopo Vespero, essendo andato a predicare in S. Agostino, non finiva di ringraziare il P. Maestro per un lume così segnalato.
  • Tutto lieto, nel medesimo giorno, ne diede notizia al P. Villani:”Oggi ventisette del corrente ho cominciato a dir Messa, e spero seguitare a dirla. Tutta la difficoltà era la sunzione del sangue: ma si è pensato un certo modo e già stamattina l’ho posto in esecuzione. Gloria Patri; ed oggi vado a fare una predica ad una Chiesa di gran concorso” (cioè la Chiesa dei PP. Agostiniani).
  • Il nove dicembre, scriveva al P. Nicolò Sapio in Palermo: “Dico Messa ogni mattina, e cammino in carrozza, quand’è buon tempo; né lascio le mie applicazioni dopo il tempo che mi resta dalle cure del Vescovado”.
  • Non vi fu giorno da questo tempo in poi che non avesse celebrato. Ottenne bensì da Roma di poter dire giornalmente la Messa della Madonna.

♦ Esatto Monsignore nelle Rubriche, non è che si fosse dispensato dalle meno essenziali. Le più penose per lui erano le genuflessioni, ed in questo era il più attento. Calava col ginocchio fino al piano della predella; ma calando e non reggendoli le forze, gravitava come un tocco di piombo, e si raddrizzava solo se aiutato e con somma pena.
♦ Riscrivendo al P. Villani nel primo di Settembre disse: “Per grazia di Dio, io seguito a dir Messa, ma con grande stento, e dopo la Messa mi ritrovo sfinito, e tutto sudato.”

Attesta il Primicerio D. Giacomo Morgillo, che assistendo alla sua Messa, non vedeva un uomo, ma un angelo sull’altare, e che adattandosi per bere al Calice, si vedeva Monsignore cambiato di volto, accendersi estremamente e quasi uscito fuori di sé.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 44)  Leggi tutto nell’originale.

Alfonso 1769. – “Per grazia di Dio, io seguito a dir Messa, ma con grande stento, e dopo la Messa mi ritrovo sfinito, e tutto sudato. Quand’è buon tempo i medici mi ordinano di uscire in carrozza; ma io non lascio le mie applicazioni al bene del Vescovado”.