59. S. Alfonso. La pazienza via alla misericordia.
Pagine Alfonsiane sulla Misericordia
59. S. Alfonso. La pazienza via alla misericordia.
♦ La pazienza è l’opera perfetta d’un’anima: ci ottiene il paradiso. Questa terra è luogo di meriti; onde a questo fine Iddio ci fa qui vivere, acciocché colla pazienza ci guadagniamo la gloria del paradiso. Tutti in questo mondo hanno da patire, chi patisce con pazienza, meno patisce e si salva: chi patisce con impazienza, più patisce e si danna.
♦ Il Signore ci manda le croci non per vederci perduti, come dicono alcuni impazienti, ma per vederci salvi e più gloriosi in cielo. I dolori, le traversie e tutte l’altre tribolazioni accettate con pazienza, sono le gioie più belle della nostra corona in paradiso.
♥ Quando dunque ci vediamo tribolati, consoliamoci e ringraziamone Dio, perché è segno che Dio ci vuol salvi, castigandoci in questa vita, ove i castighi son leggeri e brevi, per non castigarci nell’altra ove i castighi sono acerbi ed eterni.
Dicea S. Maria Maddalena de’ Pazzi: “Ogni gran pena riesce gustosa, quando si mira Gesù Cristo in croce”. Chi dunque ama Gesù Cristo, sopporta con pazienza tutte le croci esterne, infermità, dolori, povertà, disonori, perdite di parenti e di amici: e tutte le croci interne, angustie, tedii, tentazioni e desolazioni di spirito; e tutto soffre con pace. Mentre chi nelle tribolazioni si impazientisce e si adira, che fa? accresce il suo patire e accumula più pene per l’altra vita. Veniamo alla pratica.
La pazienza deve praticarsi
- 1. nelle infermità. Nelle infermità si scopre lo spirito delle persone, se sono oro o piombo. Alcuni sono tutti divoti ed allegri, quando stan bene di salute; ma quando poi son visitati da qualche malattia, perdono la pazienza, si lamentano di tutti, si abbandonano alla malinconia e fanno mille difetti: ecco l’oro scoperto a piombo… Abbandonatevi nelle braccia della sua misericordia: questa accettazione per fare la volontà di Dio, basterà ad assicurarvi la salvezza eterna.
- 2. accettiamo ancora con pazienza la morte dei parenti e degli amici. Alcuni per la morte d’un parente si rendono inconsolabili, e perciò lasciano l’orazione, i sagramenti e tutte le loro divozioni. E taluno giunge ancora a pigliarsela con Dio, dicendo: “Signore, perché l’hai fatto?”… Pensate forse di dar piacere alla persona defunta? no, dispiacete a lei ed a Dio. Quella desidera che per la sua morte voi più vi uniate con Dio e preghiate per essa, se sta in purgatorio.
- 3. accettiamo la “povertà”, che Dio ci manda. Quando vi vedete mancare anche il necessario, dite”: ” Mio Dio, tu solo mi basti “. Un atto di questi vi guadagnerà un tesoro in paradiso. Chi ha Dio, ha ogni bene. E così abbracciamo con pazienza le perdite delle robe o delle nostre speranze, o anche delle persone che ci soccorrevano. Rassegniamoci allora alla volontà di Dio, e Dio ci soccorrerà; e se non volesse allora soccorrerci, come noi vorremmo, contentiamoci di quel che fa, perché lo farà per esperimentar la nostra pazienza e farci ricchi di maggiori meriti e beni celesti.
- 4. accettiamo con pazienza i “disprezzi” e le “persecuzioni”. Voi direte: “Ma che male io ho fatto, che debbo avere questa persecuzione? Perché ho dovuto patire quest’affronto?” – Fratello mio, queste parole ditele a Gesù Cristo Crocifisso, ch’egli vi risponderà: “Ed io che male ho fatto che ho dovuto patire tanti dolori, ignominie e questa morte in croce?” Se dunque Gesù Cristo ha patito tanto per amor vostro, non è gran cosa che voi patite questo poco per amore di Gesù-Cristo.
- 5. bisogna che pratichiamo la pazienza anche nelle “desolazioni di spirito”, che sono le pene più dure di un’anima che ama Dio. Ma Dio così prova l’amore dei suoi diletti. Umiliamoci in tal tempo, e rassegniamoci al volere di Dio, abbandonandoci nelle sue mani. E stiamo attenti allora a non tralasciar niente delle nostre divozioni, orazioni, sacramenti…. Perseverando operiamo senza gusto nostro, ma con gran gusto di Dio.
- 6. ed ultimo pratichiamo la pazienza nelle “tentazioni”. Alcune anime pusillanimi, quando la tentazione è lunga, si avviliscono e giungono talvolta a dire: “Dunque Dio mi vuole dannata?” No, Dio permette le tentazioni non per nostro danno, ma per nostro profitto, acciocché in quelle più ci umiliamo e più ci stringiamo con esso, con farci violenza a resistere e con raddoppiar le preghiere, e così acquistiamo più meriti per lo paradiso. S. Paolo era molestato da tentazioni carnali e pregava Dio a liberarlo; ma il Signore gli rispose: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor. 12.9).
(S. Alfonso, da Via della salute, Parte terza, Regolamento di vita d’un cristiano, Capo III – Pratica delle virtù’ cristiane, 4. Pratica della pazienza).
– Leggi tutta la meditazione