43. S. Alfonso. Un vescovo povero e misericordioso. 1762.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
43. S. Alfonso. Un vescovo povero e misericordioso. 1762.
Prima di giungere a S. Agata, il novello vescovo Alfonso viaggiò da Roma a Napoli, a Nocera. Un viaggio ricco di episodi rivelatori dello spirito che lo animava. Eccone alcuni.
- Anche questo viaggio fu alla povera, come gli antecedenti. A tavola ancorché Vescovo si accomodò sempre coi vetturini; né volle per sé veruna distinzione.
- Girando per Napoli, avvertì più volte il cocchiere di non cercare precedenza, e che con tutti ceduto avesse il passo. Essendosi incontrato alla porta dello Spirito Santo con la carrozza di non so qual Principe, vedeva renitente il cocchiere a voler cedere, e molto meno l’altro era per farlo. Alfonso vedendo l’intoppo, strepitò che si fosse ceduto; e ritirato in casa, fece un’altra tirata di memoria al cocchiere, avvertendolo di cedere sempre a chiunque, anche ad un salumaio.
- Un prete di Arienzo, ritrovandosi in Napoli, non mancò visitarlo. Credeva farsi merito, presentandosi da ganimede, tutto cipria, con chioma inanellata, e con fibbie a’ piedi, che coprivano tutta la scarpa. Lo compianse Alfonso, vedendolo così svanito di testa.
- Altro non gli disse, ma col cuore sulle labbra: “Figlio mio, queste non sono fibbie da prete, e questa chioma non vi conviene. Se voi, che dovete essere di esempio a Secolari fate così, un secolare cosa di più dovrebbe fare?”. Restò confuso il poveretto e mutò sistema.
- Da Napoli partì per Nocera, passando per la Torre dell’Annunciata; visitò l’Eminentissimo Sersale. Troppo tenere furono le dimostrazioni di affetto, che da questo gli si fecero. Compiacevasi il Cardinale, e con un mezzo sorriso, vedendolo ormai vescovo disse:”Ci sei incappato!”- Ed Alfonso: “Tanto ha voluto l’obbedienza!”. Nel licenziarsi e vedendo la servitù, scherzando gli disse: “Vi avete fatto una livrea Cardinalizia?” – Rispose Alfonso:“ Non me l’ho fatta io, ma è stato D. Ercole!” – Il vero è che egli la voleva di un color cinerizio, e con suo rammarico D. Ercole la fece blù, trenata a cremisi. Guardando le fibbie, il cardinale gli disse con un altro scherzo: “Queste fibbie ve le avete fatte in Roma, e care vi costeranno!” – . Non erano, che due fibbiucce di ferro, e costavano meno di un carlino.
- A Cava non poté esentarsi di fare i Pontificali, pressato da Monsignor Borgia e da quelle Religiose, quasi tutte sue penitenti. Alzandoli di dietro la sottana prelatizia il chierico seminarista, che gli faceva da caudatario, fu osservato che i calzoni erano di vile telaccia, e meschina: cosa che gli attirò maggiore stima e venerazione.
- Nella Casa di Nocera de’ Pagani, prevedendosi dai nostri le visite che era per ricevere in casa, non fu situato, come egli voleva nella sua solita stanza, perché troppo angusta; ma gli si diedero due unite in un altro corridoio: una per il letto e l’altra per ricevimento. Una sera passeggiando coi nostri, essendo giunto avanti della solita sua stanza, sospirando, disse: “Oh camera, quando ti vedevo, mi consolavi, ora mi dai pena!” – Dando l’addio alla diletta Casa di Nocera, piangendo e licenziandosi dai nostri, partì per Napoli col P. D. Francesco Margotta. Disse lor: “Fratelli miei, non vi dimenticate di me: io vado in esilio lontano da voi e dalla mia Congregazione”. Più di questo non potette dire, vedendosi soffocata la parola, sopraffatto dal pianto.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 6 passim). – Leggi l’originale.