S. Alfonso. Il Natale misericordioso di Monsignore

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27. S. Alfonso. Il Natale misericordioso di Monsignore.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

27. S. Alfonso. Il Natale misericordioso di Monsignore.

  • Ogni anno Mons. Alfonso de Liguori soleva solennizzar la Novena del S. Natale dopo il Vespro nella sua Cattedrale e dopo esposto il Venerabile [Sacramento]. Il popolo si effondeva in lacrime, sentendolo parlare di un tanto Mistero. Egli si esprimeva con tal chiarezza, che anche le donnicciole ne partivano soddisfatte…
  • Il giorno di Natale, trovandosi in Arienzo, tenne i Pontificali nella Collegiata di S. Andrea. Attesta il Canonico D. Angelo Morgillo, e lo comprovano altri, che fatta la funzione, Monsignore si vide trasformato in estasi, e divenuto tutto fuoco…
  • Oltre al precetto Pasquale, avendo a cuore veder rifocillati col pane Eucaristico i Figliuoli grandetti e le Figliuole. Perciò Monsignore impose ai Parroci che vi fossero per essi due Comunioni generali: una nella Domenica fra l’ottava dell’Assunta, e l’altra tra le feste di Natale. E diceva: “Ogni sollecitudine per questi non sarà mai soperchia: se da Figliuoli non si invogliano di questo divin Sacramento, svogliati si vedranno avanzati in età. E li disponeva cogli atti preparativi fin dal giorno innnanzi, e faceva loro comprendere le grazie che si ricevono, e la forza che si acquista per non cadere in peccato.
  • Quando Monsignore giunse in S. Agata, vedendo che nella Vigilia di Natale gli presentavano quattro capponi da ciascheduno de Parrochi e Beneficiati, come anche dai Monasteri, e credendoli spontanea regalìa, non voleva accettarli. Saputo il rifiuto, subito si portò da lui l’Arcidiacono Rainone, facendogli presente, con documenti alla mano, che quella non era una spontanea regalìa, ma capo di rendita spettante alla Mensa vescovile, e rifiutandoli, pregiudicava i successori.
    Allora Alfonso non solo li ammise, ma li volle anche in seguito. E volendone fare un capitale, appaltò subito un polliere, per averne il danaro equivalente: “Questo è un piatto per i poveri e non per noi, che non siamo galantuomini” – graziosamente dir soleva ai suoi.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – passim).

Tu dormi, Ninno mio, ma intanto il core non dorme, no ma veglia a tutte l’ore. Deh, mio bello e puro Agnello, a che pensi? dimmi tu. O amore immenso, un dì morir per te, rispondi, io penso. (da “Tu scendi dalle stelle”).