Lauria Antonino redentorista

P. Antonino Lauria (1811-1881) – Italia.

P. Antonino Lauria redentorista

Nato a Naro il 4 giugno 1811 da «civile e agiata famiglia» (possedeva una miniera di zolfo), Antonino era entrato nel noviziato dei Redentoristi il 15 ottobre 1826.

Ammesso alla professione religiosa il 24 settembre 1827, era stato ordinato sacerdote il 21 dicembre 1833, con dispensa pontificia di 22 mesi. Rettore in varie case. Lo era di quella di Agrigento, allorché venne soppressa in forza del decreto dittatoriale del 17 Giugno 1860, emanato per colpire espressamente i Gesuiti e i Redentoristi.

Esaurite le formalità di legge (inventariazione dei beni, alla quale il p. Lauria non poté partecipare, perché colpito da un attacco di colica renale; controlli amministrativi, ecc.), l’11 luglio i sedici membri della comunità – compresi i cinque confratelli venuti da Sciacca e da Calatafimi – vennero messi alla porta dalle autorità e costretti a cercarsi una sistemazione, almeno provvisoria.

Il p. Lauria, a motivo delle precarie condizioni di salute, avrebbe potuto avvalersi del permesso offertogli di restare ad Agrigento. Preferì invece condividere la sorte degli altri 15 confratelli – della cinquantina che la Congregazione contava allora in Sicilia, ugualmente dispersi – prendendo con loro la via dell’esilio, diretti a Malta.
All’arrivo furono accolti da quel vescovo, mons. Gaetano Pace-Forno, che gli assegnò la casa e la chiesa, un tempo dei Padri Oratoriani. Il drappello redentorista cominciò subito ad impegnarsi nell’apostolato. Particolarmente il p. Lauria, che ben presto si fece apprezzare come predicatore.
Negli anni successivi gli esuli, gradualmente, fecero ritorno in Patria, tanto che nel 1863 ne restavano a Malta solo quattro.

Nel 1867 partirono anche gli ultimi due. Uno di loro era il p. Lauria, che si recò a Naro, dove rimase per il resto dei suoi giorni. Si impiegò in vari lavori apostolici, venendo anche nominato, nel 1872, vicario dei due monasteri locali e Pro-visitatore sinodale.
Ebbe particolare cura delle Figlie della Carità di s. Vincenzo de Paoli, che egli aveva fatto venire a Naro dalla Francia, provvedendole di una adeguata rendita. Si trattava di 400 ducati annui da lui offerti – a cui il comune ne aggiunse altri 300 – che dovevano provvedere al mantenimento di cinque Figlie della Carità.
Queste dal canto loro si impegnavano «a visitare gl’infermi poveri e bisognosi d’ambo i sessi nei loro particolari domicili, e a prestare ad essi quei soccorsi e medicine che saranno loro necessari». Inoltre, si obbligavano ad aprire una scuola femminile, nella quale «dare a tutte le fanciulle povere di questo Comune una educazione religiosa, morale e civile, facendo loro praticare i doveri della nostra santa religione cattolica, ed istruendole nel leggere e scrivere, e nelle arti donnesche».

Vale la pena di sottolineare che il p. Lauria – volendo combattere la gravissima piaga dell’analfabetismo femminile – si preoccupava che le bambine imparassero non solo a leggere, ma anche a scrivere. Cosa allora tutt’altro che scontata.
Col tempo il suo stato di salute peggiorò. Nel 1878 «venne per la prima volta colpito da paralisi». Accolto nella casa del cugino Paolo Lauria, vi rimase fino alla morte, che lo colse il 5 agosto 1881.

Da Salvatore Giammusso, Antonino è posto tra coloro che, «costretti dal decreto di soppressione a ritornare in famiglia, vi rimasero per sempre anche quando fu ricostituita la Congregazione in Sicilia».
Anche Francesco Minervino lo dice «esclaustrato per la soppressione». Affermazioni che mal si conciliano col fatto che il suo nome figura nell’Index Congregatorum qui a die 14 febr. 1867 ad diem 31 dec. 1884 in Domino obierunt.

L’orologio di S. Alfonso, all’esame dell’esperto, è risultato essere d’argento, dotato di movimento a serpentina, di probabile fabbricazione inglese, della metà del Settecento. Per un certo tempo fu in possesso del P. Antonino Lauria e alla di lui morte  andò a finire tra i ricordi guanelliani.

Profilo tratto da “L’orologio di S. Alfonso “ del P. Giuseppe Orlandi.