De Marco Domenico redentorista

P. Domenico De Marco (1841-1914) – Italia.

P. Domenico De Marco (1841-1914)

Nacque in Montecalvo Irpino da nobile e distinta famiglia il 22 gennaio 1841. Giovanetto di 16 anni entrò nella Congregazione, e fece la sua Professione religiosa l’ 11 giugno 1858 in Ciorani, sotto il Padre Maestro Ammirati. Ascese al Sacerdozio nel 19 Dicembre 1863.

Educato alla scuola di uomini peritissimi nell’arte di trasformare e formare gli animi a vita di abnegazione, quali furono il citato P. Alessandro Ammirati, Maestro dei Novizi, e P. Andrea Orlando, Prefetto dei Studenti, P. De Marco riuscì un vero modello di Liguorino.

Negli anni della dispersione anche a Napoli, in quei giorni in cui anche la minima ombra, il segno più lieve di monachismo, bastava a creare nemici e persecutori, vestiva l’abito serio e spirante gravità, l’abito di S. Alfonso senza mutazione o temperamento che sia.

Chiamato dal Provinciale P. Salzano, il P. De Marco lasciò Troia, dove insegnava, e si portò a Torremaggiore per vivere in compagnia di altri Padri, ma dopo poco dal Provinciale D’Antonio venne assegnato ad Avellino.

Qui in città predicò un anno il mese mariano, e, come di solito, entusiasmò talmente il popolo che fu un vero delirio di amore per Maria Santissima.

Nel 1859 fece domanda di andare alle Missioni degli infedeli.

Nel 1886, morto il P. Gerardo Lanzetta che insegnava filosofia, il Provinciale P. Andreoli assegnò al P. De Marco l’incarico di sostituirlo nella scuola, ritirandolo così dalla predicazione, nella quale tanto lustro dava al nostro Istituto e copiosissimi frutti di vita eterna operava fra le anime.

In seguito, insegnò teologia, ed io fui uno dei fortunati suoi discepoli nel 1895 e 96. Fu Superiore per più anni in detto Collegio, e due volte Capitolare nel 1893 e 1908; e finalmente nel maggio 1907 fu nominato Provinciale.

Però essendo Egli di natura eccessivamente sensibile, specialmente dopo la forte e terribile scossa al sistema nervoso avuta nel terremoto di Casamicciola, ove si trovava per i bagni, nell’anno 1884 la notte del 15 agosto, ad ogni urto anche leggero, pronto si eccitava, ed era pronto a scattare con violenza.

Questa sua debolezza, mostrata in più e più occasioni quasi con tutti, cagionò un disgusto generale insopportabile, tanto da fare abbreviare di un anno le nuove nomine dei Superiori. Ed il Rettore Maggiore Raus ebbe a dire un giorno che fu costretto a dimettersi dall’alta sua carica a causa del P. De Marco che aveva inaspriti gli animi di molti soggetti.

Quando prese possesso da Provinciale nella Cappella di S. Alfonso in Chiesa ebbe a dire questa parole di spavento: «Guai a colui che menomamente oserà contaminare la veste di S. Alfonso, guai, dico: sarò con costui un Nerone». E nel profferirle si alzò in piedi, e tutto acceso si vide nel volto.

Il rigore usato nel governo corrispose alle parole. E pure niuno mai si era immaginato una tale riuscita, mentre sappiamo come nobili erano i sensi del suo cuore, ed ogni sua parola ne appariva dolcemente profumata.

Brillante, accesa, ordinata, armonica ebbe la fantasia. Amava il bello, lo gustava; sapeva riprodurlo. Studiò sempre sino agli ultimi suoi giorni ed amò in pari tempo di comunicare le sue idee con tutta lucidità di mente.

Era profondamente versato in tutto: nell’arte medica, nell’ingegneria, nella magistratura, nel Diritto, e specialmente nella Letteratura, nella Filosofia e nella Teologia Dogmatica e Morale.

Molti Monasteri vivevano come all’ ombra soave di sua protezione. Intere comunità pendevano dai suoi consigli: le Stimmatine, le Suore del Perpetuo Soccorso, le Figlie della Carità ed altre.

Vescovi, Religiosi, Sacerdoti e persone altolocate del laicato cattolico, traevano lume da lui per le cose dell’eternità, e non poche volte anche per le cose temporali.

Con chiunque parlava il P. De Marco faceva scivolare il suo discorso nel campo religioso, sulle vie della devozione, intorno all’ amore di Gesù Cristo e della Madonna.

I libri che più leggeva erano le opere di S. Tommaso, di S. Agostino e di S. Alfonso, specie le Glorie di Maria, la Pratica di amare Gesù Cristo e le Riflessioni sulla Passione. Tra i poeti, sopra tutto gli piaceva Manzoni e Dante.

La Messa e l’Ufficio erano la vita della sua vita. Ogni giorno compiva la salmodia ed il S. Sacrificio, e con scrupolosa esattezza delle apposite rubriche. Pareva un Santo sull’altare nel celebrare la Messa.

Che dirò dell’ amore che portava alla Madonna? Oh come si infiammava discorrendo della dolce Regina! Era una delizia a sentirlo ragionare, non solo dal pergamo, sul quale addirittura si trasformava parlando di Maria, ma anche amichevolmente in familiare conversazione: era una delizia quando il P. De Marco parlava della Madonna, specie dell’Immacolata.

La Chiesa del nostro Collegio in Avellino è tutta opera sua, come pure l’impianto della Luce elettrica in Pagani.

Dopo sette mesi di penosa Infermità, confortato dall’assistenza di tutta la Comunità e del di lui fratello Medico Don Carlo, spirò il 10 giugno 1914 alle ore 17, cioè 5 p. m. di mercoledì.

Celebrandosi la Messa nella sua camera, ogni giorno si comunicava; gli ultimi tre giorni domenica, lunedì e martedì volle celebrare. Il mercoledì voleva ancora celebrare, ma gli fu impedito dal fratello Medico, perché troppo debole, e quindi si comunicò.

Verso le 17, mentre tutti si erano allontanati per un istante, tornati in camera, lo trovarono poggiato colle braccia sul tavolino e la testa sulle braccia, come se si fosse addormentato. Era morto!

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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.3 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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Ritratto fotografico di P. Domenico De Marco, originario di Montecalvo Irpino, molto attivo e impegnato. Costruì la chiesa redentorista in Avellino. Fu Provinciale, ma il modo di governare, guidato da un carattere rimasto fortemente scosso in occasione del terremoto di Casamicciola, lo rese non gradito a molti. Morì nel 1914.
Ritratto fotografico di P. Domenico De Marco, originario di Montecalvo Irpino, molto attivo e impegnato. Costruì la chiesa redentorista in Avellino. Fu Provinciale, ma il modo di governare, guidato da un carattere rimasto fortemente scosso in occasione del terremoto di Casamicciola, lo rese non gradito a molti. Morì nel 1914.

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