28ª settim. TO. – Mercoledì – Collaboratori di Dio
O Dio, che io lavori nel tuo campo secondo la grazia che mi è stata data e sull’unico fondamento, che è Gesù Cristo (1 Cor 3, 10 11).
• O Gesù, fa’ di me un rapitore di anime, colui che le getta in te, che le orienta verso la tua unica beltà; fa’ di me il dito che indica l’amore, la voce che lo canta, che rivela agl’insensibili un po’ dei suoi splendori e delle sue amabilità.
In tutto, io non voglio che te, te conosciuto, te glorificato, te amato da tutti, da molti per lo meno… E questi non fermati a me, ma gettati in te, fissati in te; e il cielo per amarti, adorarti, perderci insieme nel tuo amore senza limiti…
Mio buon Gesù, glorificati; poco importa il resto. Tutta la mia ambizione, consiste nell’essere lo strumento della tua gloria… Non mi appartengo più. Cioè non ho il diritto di rifiutare a coloro che mi circondano il prezioso liquore che tu metti in me per essi. A te il distribuirlo come meglio ti piace, a te il disseccare o far scorrere la vena benefica.
Attingi, fratello, attingi e benedici il Signore Gesù che ti dà quest’acqua. Attingi, e senza dimenticare Colui che ti rinfresca, dimentica il vaso in cui ti fa bere. Il vaso è ben felice di servire un così buon Maestro. La sua argilla è molto nobilitata dal contatto del dito divino. E se sarà spezzato o posto tra gli scarti, gli basterà conservare, con l’onore di aver servito, una goccia del liquore che ha versato.
Questa goccia d’amore, Gesù mio, è tutto ciò che io reclamo per me. È il prezzo che reclama per l’eternità questo povero piccolo strumento di cui ti degni far uso. Destinalo alla gloria o all’ignominia, o piuttosto, se ti piace, a un piccolo ufficio molto umile e molto meschino; ma quando l’avrai spezzato, quando sarà diventato… incapace di essere utile, degnati di lasciargli la sua piccola goccia d’amore. Essa lo ripagherà divinamente delle sue pene, poiché egli non vuole altra ricompensa che non sia tu stesso.
(L. De Grandmaison, Vita (di Lebreton) p 84.75)
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• O eterno Verbo, tu non mirasti ad altro quando fosti inchiodato sul durissimo legno della croce che a condurre… le creature a te. Dicesti: « Sitio », dimostrando non solo di aver sete delle presenti, ma anche di quelle che sarebbero venute. Patisti sete, o Dio dolce, patisti sete, o Dio buono e tutto amoroso… O come potrà essere che chi si cava la sete col Sangue dell’eterno Verbo, non cavi a esso la sete che ha delle sue creature?
(S. M. Maddalena de’ Pazzi, Renovatione della Chiesa, Op. v7; p75)
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da “Intimità divina”
Roma 1992