Del Buono Pasquale redentorista

P. Pasquale Del Buono (1782-1842). – Italia.

P. Pasquale Del Buono (1782-1842)
(altri scrivono Buono)

Nacque a Morra Irpina [oggi Morra De Santis] da Giancarlo, farmacista, e Teresa Donatelli. Aveva per zii paterni: Nicola, canonico, rettore e maestro di retorica nel Seminario di S. Angelo dei Lombardi; e il P. Vincenzo Del Buono (o Buono) della nostra Congregazione, morto al 1796 a Materdomini.

Aveva poi per lato materno: Giuseppe Sac. Donatelli, Visitatore dell’ Ordine Costantiniano e Cavaliere dello Speron d’Oro; e Remigio Intendente Provinciale.
Per fratelli: Nicola primicerio a Conversano, poliglotto, interprete dell’officina dei papiri ercolanensi, archivista della Regia Cancelleria dell’Università di Napoli, nonché canonico e maestro di Belle Lettere; e Luigi avvocato in Napoli.

Padre Pasquale passò la sua giovinezza nel santo timor di Dio; fece i suoi studi nel Seminario di Conversano sotto la cura di suo fratello maggiore.

Fattosi Liguorino, stimava tanto la Congregazione, che non l’avrebbe cambiata neppure per tutti i Regni della terra.

Fu così esatto nell’osservare le Regole che niuno mai poté in lui notare un difetto. Sempre il primo al Coro, sempre pronto a tutti i lavori apostolici, non indietreggiava di fronte a qualsiasi impegno dentro e fuor di casa.

Era così esatto nell’osservanza del silenzio, che facendo una volta i ritiri annuali, non si dispensò, benché Superiore, neppure per salutare il Cardinale Trigone, Arcivescovo di Palermo, venuto in Collegio. E questi ne restò edificato. Al suono del campanello, che indicava il silenzio, spezzava la parola sulle labbra senza riguardo di chicchessia.

Al mercoledì, venerdì e sabato, e in tutte le Novene di Maria Vergine mangiava genuflesso e si faceva, in privato, una sanguinosa disciplina.
Non volle mai gustare né pera, né pomi, né uva, né altra frutta, tranne i meloni, gli aranci, e i fichi d’India che son frutti dozzinali in Palermo, dove passò tutta la sua vita di missionario.
Non lo si vide mai cacciare le zanzare che lo divoravano, neppure quando si poneva a dormire, così gli altri insetti; pulci, cimici, e mosche che all’Uditore, in Palermo, sono assai moleste.

Esimio fu nella carità. Non si udì mai una parola di mormorazione o maldicenza, ma invece soleva scusar tutti con grande edificazione di chi l’ ascoltava.

Per qualunque ingiuria ricevesse, non si offendeva, ma calmo tutto soffriva pazientemente.
Accusato di troppa indulgenza coi peccatori, il P. Del Buono non desistette di portare al solito gran numero di essi a Gesù Cristo.

Con i poverelli fu un vero padre. Li soccorreva con molta sollecitudine.
Si racconta che un giorno, trovandosi in famiglia, mentre sua madre era a letto, si presentò a lui una donna tutta lacera e scalza, lui si avvicinò pian piano al letto della madre, pigliò tutti gli  indumenti di questa, e li regalò alla mendicante. Alla madre, sorpresa per non aver trovato gli abiti, dove li aveva deposti la sera precedente, rispose: «Ne hai degli altri, quelli erano superflui, e li ho regalati ad una povera disgraziata seminuda».

Il P. Del Buono era tutto zelo per le anime.
Portatosi una volta in Morra, sua patria, con la Santa Missione, sua madre ansiosa aspettava al balcone l’arrivo di suo figlio, ma questi, difilato, passò senza neanche volgerle uno sguardo.
Fu quest’atto un colpo di pugnale al cuore della povera madre, che, dilaniata dal dolore, esclamò: «Ah ! figlio, hai finanche dimenticato chi ti ha messo alla luce! – Pensa all’ anima, mamma, rispose il sant’uomo; sono in Missione, e per me l’ unico pensiero è quello di raccogliere anime al mio Dio».
In tutto il tempo che rimase in Missione, a nessuno fece visita, neanche alla mamma. Oh stupore!

Era devotissimo alla Madonna, di S. Alfonso, e di S. Francesco Saverio.

Perché valente oratore fu a Roma alla canonizzazione del N. S. Fondatore per tesserne l’Orazione Panegirica.
Negli Esercizi al Clero ed ai Gentiluomini era insuperabile; e giustamente fu detto l’Apostolo di Palermo, sia pel suo zelo, sia per la sua carità spiegata in tempo del colera del 1837, quando in un mese solo ne morirono in Palermo circa 30 mila.
Il P. Del Buono e tutti i Padri dell’Uditore furono da tutti ammirati per la loro grande abnegazione.

Nell’andare alla Missione di Mazzara, disse al P. Spina, suo compagno indivisibile: «Questa è l’ultima mia Missione. Un paese di questa diocesi fu il primo dove cominciai l’apostolico Ministero; e Mazzara ne sarà l’ultimo».

Difatti, dopo aver predicato al Clero, si infermò gravemente, e, rivolto ai compagni, disse: «Addio, carissimi Padri, noi più non ci rivedremo, e partì per Palermo, ove ricevuto il S. Viatico e l’Olio Santo, con volto sereno e gioviale, disteso supino sul letto, colle mani al petto, cogli occhi rivolti al Cielo, spirò la sua bell’ anima il 15 aprile 1842 di anni 59 e mesi 11.

Fu rettore sino alla morte per 12 e più anni. La stima che godeva presso tutti era quella di un Santo, di un Apostolo. Tale lo descrivono nei loro elogi funebri il Consultore Generale P. Stefano Spina ed il P. Carmelo Valenti poi Vescovo di Mazzara.

Nel suo paese nativo si raccontano fatti prodigiosi di lui. Dicono che P. Del Buono, ritornando una volta da una Missione fece sosta a Morra Irpina, sua patria, per salutare i suoi parenti, e siccome aveva ordine di tornare subito a Materdomini, volle assolutamente partire su di un mulo, mentre i suoi si opponevano, essendoci un sole canicolare. Nel mettersi a cavallo, e nel prendere commiato dai suoi, disse loro: «Non abbiate a temere, Iddio mi proteggerà», ed in compagnia di tal Pennella Angelo su avviò a destinazione. Giunto appena fuori il paese, una nuvola comparve nello spazio, ed a guisa di ombrello, camminando innanzi a lui, l’accompagnò in tutto il viaggio, riparandolo dai raggi ardenti del sole.

Altra volta, trovandosi anche in famiglia per pochi giorni, fu invitato dai contadini del paese di recarsi in processione di penitenza sul monte Calvario per implorare da Dio un po’ di acqua, avendo la siccità arse tutte le campagne. P. Buono volentieri si recò al Calvario, e non appena aveva finito di rivolgere la sua preghiera a Dio, si aprirono le cataratte del Cielo, ed una abbondante pioggia si riversò sulle campagne.

Finalmente si narra, che il 5 aprile 1842, quando il P. Del Buono rese l’anima a Dio nella città di Palermo, nessuno di sua famiglia sapeva il triste annunzio, date le condizioni di quel tempo in cui non vi era telegrafo, avvenne che mentre due sue nipotine si recavano in chiesa tutte allegre per la festa che si celebrava in quel giorno, si sparse d’intorno a loro una voce che diceva: «Poverine, hanno perduto lo zio Pasquale».
Questa voce accreditatasi immediatamente, come un fulmine si sparse pel paese, e giunse in famiglia, facendo rimaner tutti trasecolati di tale annunzio, mentre essi, che avevano il diritto di saperlo per primi, erano all’ oscuro. Furono chiamate tutte quelle persone che avevano ripetuto tale notizia, e tutte risposero d’averlo sentito da altri, ma nessuno aveva ricevuto direttamente notizia, e tale notizia non poteva riceversi, essendosi spento P. Pasquale Del Buono nello stesso giorno e nella stessa ora in Palermo.

Il ritratto del P. Del Buono si trova ad Agrigento ed a Sciacca. – Il P. Spina lo chiama P. Buono, e non Del Buono, nell’orazione funebre.

Nel 1831 P. Del Buono diede alle stampe in Palermo le sue devote Canzoncine in numero di quarantatré.
Il sacerdote Don Salvatore Santoro nell’Elogio funebre a P. Picone in Agrigento nel 1842 dice nelle annotazioni:

«P. Del Buono si ritirò in Congregazione a 20 anni. Fu oratore rinomato, e distinguevasi nella predicazione per la facondia, per la forza, per la vivacità, per l’unzione, con cui commoveva anche i più dotti, dai quali era udito con sommo applauso. Diè alle stampe varie canzoncine sacre, scritte con gusto e spirito poetico. Fu sempre ammirato per la sua umiltà: per la mortificazione, talché giunse ad astenersi per più anni di mangiar pane; per la sua carità verso di tutti; e per la sincerità ed affetto cogli amici. Fu più volte Rettore dell’ Uditore, Visitatore di Sicilia, e Consultore Generale, ma vi rinunziò.

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Profilo tratto da
Biografie manoscritte del P. S. Schiavone
– vol.1 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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P. Pasquale Del Buono (o Buono) nativo dell'attuale Morra De Sanctis (AV) fu un redentorista colmo di tutte le virtù. Visse parecchi anni in Sicilia, dove morì. Fu oratore rinomato, distinguendosi nella predicazione per la facondia, la forza, e la vivacità, nonché per l’unzione, con cui commoveva anche i più dotti.
P. Pasquale Del Buono (o Buono) nativo dell’attuale Morra De Sanctis (AV) fu un redentorista colmo di tutte le virtù. Visse parecchi anni in Sicilia, dove morì. Fu oratore rinomato, distinguendosi nella predicazione per la facondia, la forza, e la vivacità, nonché per l’unzione, con cui commoveva anche i più dotti.

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