Vita Redentorista 363

VitaRed12Vita Redentorista – Rubrica quotidiana – 29 dicembre

Questo giorno vissuto con spirito redentorista

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1. Dalle Costituzioni e statuti
Alcune parole fondamentali – Carità
1. Nella vita comunitaria. La vita di comunità deve essere regolata secondo le esigenze della carità fraterna (22, 38). Nella revisione di vita, esame specialmente sulla carità fraterna (038). La c. fraterna deve abbracciare anche i confratelli e i benefattori defunti (036).
Con la professione religiosa, i congregati si esercitano nella carità apostolica (46); si obbligano a condurre una vita ripiena di carità fraterna (Form. prof.), secondo la missione di Cristo che è tutta carità pastorale (48), ed è principio unificatore di tutta la vita (52; 54), e dell’unione con Dio (53).
I candidati devono essere formati alla carità fraterna, come virtù propria di una comunità apostolica (057). La carità fraterna è aiuto alla castità (60). I laici che lavorano presso di noi siano trattati con carità e giustizia (0199).
2. Nell’apostolato. I Redentoristi sono uomini di carità fervente (20); offrono testimonianza di carità con la preghiera e il servizio (9). Fine dell’azione missionaria è suscitare e formare comunità che intraprendono la via della carità (12). La maggior opera di carità missionaria è l’evangelizzazione degli infedeli (011).

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2. Pensiero e testimonianza sulla Virtù del mese: Amore alla Croce.

  • Semina, semina con le lacrime e fra breve raccoglierai copiosi frutti con gaudio. E credi fermamente nella volontà di Dio che il negarti in questa vita le consolazioni è per riserbartele appieno nell’altra. (Beato Gennaro Sarnelli).
  • Testimonianza = P. Vito Michele Di Netta. – Leggi tutto.

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29dicembre2

3. Redentoristi nel Mondo
Redentoristi d’Italia – Napoli
2013 – S. Alfonso e il Natale: il volto e la strada di Dio.

I volti del presepe – Nel ‘700, periodo in cui visse sant’Alfonso, il presepe napoletano visse la sua stagione d’oro: fu uno squarcio autentico della Napoli del tempo. I volti, le attività, i costumi sono quelli dell’epoca, espressione di una capitale affollata e variopinta. Soprattutto gli storpi, i poveri e i diseredati rappresentati dai maestri presepisti, erano ripresi in diretta dalle strade, e sono i volti che Alfonso de Liguori incontrava quotidianamente. Alfonso da prete «per lo più operava- come riferisce il Tannoia – ove vi era la feccia del popolo napoletano; anzi godeva vedersi circondato dalla gente più vile, come sono i lazzari, così detti, e da altri di infimo mestiere. Questa gente più che ogni altra aveva Alfonso a cuore». Con questa gente Alfonso si fermava a chiacchierare, li ascoltava, li istruiva. Essi avevano una gran fame della Parola di Dio e volevano essere confessati da lui, che sapeva ascoltarli e consolarli.

Le prospettive e il calore con cui sant’Alfonso vive e invita a vivere il Natale risentono certamente del clima spirituale e della pietà popolare del Settecento napoletano. Basta ricordare la maniera con la quale, ancora oggi, il presepe napoletano si impegna a collocare la scena della natività nel contesto della vita quotidiana inserendo anche statuine che riproducono personaggi contemporanei. Sant’Alfonso, però, pur rispettandone i tratti di spontaneità e di coinvolgimento anche emotivo, si impegna in un lavoro di approfondimento e di chiarificazione, come fa per tutte le dimensioni della pietà popolare.

La gioia del Natale scaturisce dalla sorpresa di un Dio che ci ama talmente da desiderare il nostro amore, nonostante i rifiuti e le chiusure che ci ostiniamo a opporgli. Non esita perciò a far sua la nostra maniera di conquistare il cuore degli altri: «Vedendo Iddio che gli uomini si fan tirare da’ benefici- scrive Alfonso nella Pratica di amar Gesù Cristo- volle per mezzo de’ suoi doni cattivarli al suo amore». Fino a donarci tutto se stesso nell’incarnazione del Figlio:

«Per cattivarsi tutto il nostro amore, è giunto a donarci tutto se stesso. L’Eterno Padre è giunto a darci il suo medesimo ed unico Figlio … E così anche il Figlio, per l’amore che ci porta, tutto a noi si è dato … Egli, per redimerci dalla morte eterna e per farci ricuperare la grazia divina e il paradiso perduto, si fece uomo e si vestì di carne come noi».

La sorpresa gioiosa del Natale è questo Amore che, per farsi riconoscere e accogliere come tale, «svuota se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,7): condivide la nostra debolezza e la nostra piccolezza, per renderci capaci di partecipare alla sua pienezza divina.

È un mistero di amore che tocca personalmente ognuno di noi, come ricorda il Concilio Vaticano II: «con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Gaudium et spes, 22). La nostra quotidianità è segnata da questo amore e trae da esso forza e prospettive di cammino, come sottolinea Papa Francesco nella sua prima enciclica: «la fede cristiana è fede nell’Incarnazione del Verbo e nella sua Risurrezione nella carne; è fede in un Dio che si è fatto così vicino da entrare nella nostra storia. La fede nel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù di Nazaret non ci separa dalla realtà, ma ci permette di cogliere il suo significato più profondo, di scoprire quanto Dio ama questo mondo e lo orienta incessantemente verso di Sé; e questo porta il cristiano a impegnarsi, a vivere in modo ancora più intenso il cammino sulla terra» (Lumen fidei, 18).
l nostri limiti e perfino i nostri sbagli non possono più essere una giustificazione per il disimpegno o la resa dinanzi ai tanti e gravi problemi che oggi siamo chiamati ad affrontare: possiamo contare su Dio che, incarnandosi, ha voluto farsene carico insieme con noi. E a lui nulla è impossibile, come ricorda l’angelo a Maria quando le chiede di diventare madre del Cristo (cf Lc 1,37).

Nell’approfondimento del mistero del Natale, sant’Alfonso evidenzia anche la nostra responsabilità non solo di accogliere il Dio che si dona, ma anche di metterci in cammino verso gli altri per condividere con loro la speranza che il suo amore inserisce nella vita di ognuno. Come i pastori: «andarono, senz’indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori» (Lc 2,16-18).

La celebrazione del Natale è autentica se rinnova in noi la prontezza a rimetterci in cammino verso gli altri, a condividere, ad accogliere. Solo così siamo coerenti con il donarsi incondizionato di Dio. È una dimensione fondamentale della nostra fede che il contesto nel quale oggi viviamo rende particolarmente urgente.
Papa Francesco vi ritorna costantemente. Mi limito a stralciare dall’intervista rilasciata al direttore de La civiltà Cattolica: «invece di essere solo una Chiesa che accoglie e che riceve tenendo le porte aperte, cerchiamo pure di essere una Chiesa che trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, chi se n’è andato o è indifferente. Chi se n’è andato, a volte lo ha fatto per ragioni che, se ben comprese e valutate, possono portare a un ritorno. Ma ci vuole audacia, coraggio».

Alfonso ha fatto di questo andare verso gli abbandonati, i dimenticati, i lontani il perché stesso della sua vita e il distintivo assoluto della sua comunità. Il nostro Santo, però, sottolinea che la modalità deve essere sempre fedele a quella che il Cristo ha scelto nel mistero dell’incarnazione: occorre condividere, prima di parlare e operare. Solo così le parole e i gesti saranno efficaci e apriranno all’incontro con Dio, che si è svuotato della sua gloria e ha condiviso la nostra debolezza perché non dubitassimo mai che Egli è amore incondizionato per ognuno di noi e per tutti noi.

P. Sabatino Majorano

(da “In cammino con San Gerardo, dicembre 2013, pp. 28-29.)

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4. Un Canto natalizio di S. Alfonso
Tu scendi dalle stelle
Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo,
e vieni in una grotta al freddo, al gelo.
O Bambino mio Divino,
io ti vedo qui tremar.
o Dio beato,
e quanto ti costò l’avermi amato!

Tu dormi, o Ninno mio, ma intanto il Core,
non dorme no, ma veglia a tutte l’ore:
deh mio bello e puro Agnello,
a che pensi dimmi Tu?
O Amore immenso,
a morire per te, rispondi, Io penso.

Dunque a morir per me Tu pensi, o Dio,
e ch’altro amar fuori di Te poss’io?
O Maria, Speranza mia,
s’io poc’amo il tuo Gesù,
non ti sdegnare,
amalo Tu per me, s’io nol so amare.

[audio:/alfonso/04BobbySolo/01Tuscendi4-cipriani4.mp3]

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5. Una immagine al giorno.

Presepe napoletano in Piazza San Pietro 2013 - S. Alfonso nel volto dei poveri vedeva la strada di Dio; volti che incontrava quotidianamente e che aiutava a recuperare la dignità di figli di Dio.
Presepe napoletano in Piazza San Pietro 2013 – S. Alfonso nel volto dei poveri vedeva la strada di Dio; volti che incontrava quotidianamente e che aiutava a recuperare la dignità di figli di Dio.