Fratello Achille Travaglione (1852-1934) – Italia.
Il 12 ottobre 1934, nella casa di Pagani, si spegneva santamente il Fratello Achille Travaglione. La comunità dei Redentoristi vedeva volarsene al cielo, tra le braccia di S. Alfonso, questo Fratello ottuagenario, il cui nome resterà legato alla storia del glorioso sepolcro di S. Alfonso M. de Liguori.
A Pagani, al tempo delle dure persecuzioni contro gli ordini religiosi, per le leggi eversive del 1866, non mancarono i Padri Redentoristi a custodia della venerata tomba di S. Alfonso; e con essi vari Fratelli degni imitatori di S. Gerardo Majella.
A queste vigili sentinelle dobbiamo se l’inestimabile Tesoro, nonostante la bufera devastatrice, fu gelosamente custodito alla venerazione della Congregazione Redentorista, della fortunata città di Pagani e del mondo.
Lo spirito di questi eroici custodi delle venerande Spoglie dell’immortale Fondatore, ereditò appunto il compianto Fratello Achille il quale, dal 1880 al 1931, per ben 40 anni, disimpegnò l’ufficio di sagrestano nella nostra chiesa, ora Basilica di S. Alfonso. Ai suoi tempi la chiesa era povera e non rispondeva affatto ai meriti e alla gloria dell’insigne Dottore della Chiesa Universale. Ma la pulizia impeccabile, la nitidezza degli altari, la solerzia e la puntualità fino allo scrupolo, resteranno memorabili e di esempio. Merito di questo umile religioso, che non conobbe riposo e tutto si votò al servizio divino esplicato con una perfezione meravigliosa.
Non meno straordinaria, nella storia della vita intemerata di questo santo Fratello, resterà la severità con se stesso e col pubblico. La sua riservatezza sembrava eccessiva e talvolta rude: ma Dio permette che in certe circostanze di luogo e di tempo si sia anche duri perché si adempiano i suoi giustissimi fini. La sua vita era tutta dedita al lavoro e alla preghiera: si direbbe meglio che egli lavorasse pregando o pregasse lavorando ininterrottamente. Molti ricordano qualche tratto edificante della sua vita religiosa. Le sue dita stringevano devotamente, in qualunque ora, la Corona di Maria; e nel suo libro prediletto: « La via della salute » trovava suo pascolo per la meditazione in qualunque tempo libero. A somiglianza di S. Gerardo, si contristava allorché vedeva gli altri trascurati per gli interessi dell’anima. Aveva sempre sulle labbra la massima: Porro unum est necessarium!... E non poche grazie attirò così dal cielo, qualcuna addirittura insperata; pregando e con aspre flagellazioni. «Preghiamo sempre; – esclamava – raccomandiamoci a S. Alfonso; salviamoci l’anima che costa sangue e ignominie a Gesù Cristo».
Nel 1916, ricorrendo il centenario della Madonna del Perpetuo Soccorso, cadde e si fratturò una gamba, né mai più si riebbe perfettamente. Ciò nonostante, dopo alcuni mesi, ripigliò ugualmente, benché claudicante, la sua vita ordinaria, e rimase sulla breccia fino a tre anni or sono, in cui, sorpreso da paralisi, da altri malanni e dalla sordità, non gli fu possibile scendere in chiesa.
Da quel tempo, su di una sedia a ruote, offerta dalla bontà del Nob. Cav. Basilio Tramontano, attaccatissimo a S. Alfonso, lo si vedeva girare per i corridoi del collegio, assorto nella preghiera, come il nostro stesso Fondatore negli ultimi anni di sua vita mortale. Ma il suo cuore era fisso al sepolcro di S. Alfonso.
Non è molto che i suoi Confratelli, inteneriti dall’ardente desiderio di lui, lo portarono di peso nella Basilica a contemplare lo spettacolo paradisiaco che ora offre la sontuosa cappella con l’Urna di S. Alfonso. Sembrò estatico e che proferisse il suo: Nunc dimittis… Infatti egli si licenziava dal suo amato Padre qui in terra, per riabbracciarlo in cielo.
Era nato a Pastena di S. Angelo a Cupolo il 25 gennaio 1852; ed aveva professato il 1 novembre 1889.
Avv. Carlo De Vivo
S. ALFONSO, anno 1934, pag. 305.
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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
Altro Profilo
Fratello Achille Travaglione
di Domenico e lacoviello Maria Giuseppa.
Nato a Pastene (Archid. e Prov. di Benevento) il 25.1.1852 = Prof. 1.11.1890 = + a Pagani 12.10.1934 ove risiedeva dal 1912 ininterrottamente per il suo lavoro insostituibile!…
“Vero esempio di modestia e di abnegazione per tutta la sua vita. Pur non appartenendo alla categoria degli intellettuali, ha avuto la prerogativa di emergere sulla categoria dei nostri pesi massimi, attirandosi l‘ammirazione e la stima di quanti lo abbiamo conosciuto. Fu accolto da fanciullo.
Quale postulante, nel nostro Collegio di S. Angelo a Cupolo ammirato fin da allora per la sua bontà, semplicità e buona volontà. Ma essendo affetto da male epilettico, che lo rendeva sommamente triste, un giorno, mentre serviva a mensa, cadde in mezzo al refettorio con tutta la tavoletta delle vivande. Si dovette prima soccorrere lui e poi raccogliere i cocci dei piatti coi cibi imbrattati. Non ebbe i voti della Comunità per l’accettazione in Congregazione e dové ritornare a casa sua con grande dispiacere di tutti i confratelli. Quel buon ragazzo però si rivolse con viva fede a Dio e con molte preghiere a S. Alfonso, onde poterlo servire per tutta la sua vita nella sua Congregazione, proponendosi di fare tutti quegli uffici, anche i più umili, che gli altri avrebbero rifiutati di fare!…
Ottenuta la grazia della guarigione fu di nuovo ricevuto nell’Ordine Redentorista. Dopo la Vestizione Religiosa col primo Noviziato, fu assegnato a Pagani per sostituire il vecchio sacrestano Fratello Aniello. Egli si spinse nel lavoro passionale e straordinario al di là di ogni dire; soprattutto nello splendore della Casa di Dio. Se taluno avesse sputato a terra, in Chiesa, subito si vedeva lui dietro, con uno straccio fra le mani per pulire sul pavimento, senza curarsi di dare sgradita sorpresa a qualsiasi Personaggio di riguardo. (Come abbiamo constatato tante volte anche noialtri)!…commmossi!…
Apriva la porta della sacrestia con eccessiva ristrettezza e modestia. Se il richiedente era un uomo, rispondeva subito: “Va bene ma pulitevi prima le scarpe”.. e poi lo introduceva con bel garbo, chiamando subito il confessore.
Se al contrario era una donna, apriva uno spiraglio di porta e prima che finisse di parlare, già la porta era chiusa, per chiamare il Padre richiesto al confessionale. Questo modo rude di agire con persone di diverso sesso gli procurò ricorsi e lagnanze ai Superiori, i quali, pur lodandolo ed ammirandolo (come p.e. il Prov. Jacovetti Emilio), non lasciavano di richiamarlo ad essere più garbato con le donne, che pretendevano riguardo e rispetto…
Una delle tante volte si presentò una Signorina Nobile, istruita e benefattrice, da lui conosciuta, chiedendogli perché usasse tanta austerità con le donne. Egli rispose con tutta semplicità: “Perché voi donne siete una continua tentazione”… Ed ella soggiunse: “Ma, Fratello, quale, colpa abbiamo noi, se il Signore ci ha fatte donne?”. Egli non rispose e seguitò la sua abitudine.
La mattina si alzava sempre un’ora prima della Comunità (ore 4); la sera poi era l’ultimo ad andare a letto. Faceva molte penitenze volontarie, oltre quelle prescritte dalla Regola. Le pareti, ove faceva la disciplina a secco erano intrise di sangue!…
Il sudore abbondante e profuso, per il lavoro pesante, impregnava anche la sottana, che doveva cambiarsi dopo gli eccessivi lavori. Il beneficio del sudore però gli era molto salutare. Infatti non lo abbiamo mai visto ammalato, né da giovane, né da vecchio, fino alla sua morte.
La sua gioia di essere Liguorino eragli singolare, vestendo sempre con l’abito proprio e stimandosi più fortunato di ogni uomo sulla terra per la sua santa vocazione.
Una volta andò col Fr. Micheluccio pellegrino alla Madonna dei Bagni, ove il Rettore D. Francesco Caputo, gli disse: “Qui dovrebbe stare Fratello Achille per mantenersi il dovuto decoro del Santuario, tanto desiderato!!.. – Ma all’uscita l’umile fratello confidò al compagno: “Si vede che D.Ciccio alcune volte non ragionai.. Lasciare S. Alfonso… è un sogno e non altro che sogno! …
Negli ultimi anni rimase alquanto invalido, per una caduta, mentre aggiustava giornalmente le 20 lampade ad olio, che sospendeva presso la Tomba di S. Alfonso, le quali per oltre 40 anni mantenne sempre accese con puntualità e pulizia straordinaria (F.M.F.).
A quanto esposto dal Fr. Micheluccio, mi è doveroso aggiungere.
Passava tutta la giornata in Basilicata. Quasi lo si trovava sempre occupato, o con un libro vecchio fra le mani. Accentuatamente zoppo, molto magro e straziato da dolore, anche piccolo di statura. Scrupolosamente richiedeva da tutti noi puntualità alle chiamate per il servizio di chiesa per l’assistenza al confessionale, alle sante Comunioni, e alle sacre funzioni.
I tocchi della campanella comune erano ostinatamente ripetuti fino alla nostra risposta. Correva alla porta della sacrestia per vedere subito eseguiti i desideri dei fedeli. Belli episodi erano quelli fra qualche sordastro. Duelli da teatro-religioso!.. Piacevoli perché non voleva aprire la porta e capirsi per lo spioncino. Tutti lo conoscevano e le fanciulle ci scherzavano!
Le campane grandi della Chiesa per le funzioni erano un cronometro e voleva che l’orologio della sacrestia fosse sempre esatto.
La pulizia della biancheria, dei sacri paramenti era eccessivamente scrupolosa, le ampolline luccicanti e le bottiglie del vino lambiccato terso come olio. I Messali ben ordinati e con tutte le Messe correnti ben a posto. Le lampade ad olio ogni sera pulite e rifornite sulla Tomba del S. Fondatore… La chiesa tutta pulita e tutti gli altari in ordine, niente da eccepire!
Due volte l’anno faceva togliere le ragnatele e pulire i vetri dal paratore e due volte la settimana lavare i pavimenti col sapone.
L’abbiamo visto piangere quando vedeva cadere intonaci dall’alto, nel rifacimento della Basilica, e col piumino fra le mani toglieva la polvere (!) dagli altari… poi si avvilì quando non bastava più la scopa!
Pianse pure nel 1933 quando lo portammo sul seggiolone a ruote a rivedere la sua Chiesa, vestita a festa da marmi e luci!… Esclamò: “Che Paradiso! Che Paradiso!
Cosa importante e di molta pazienza: portava ogni sera, in una cesta, tutti i calici, pissidi, sfera… nello stipone della sua stanza, per custodirli durante la notte, e riportarli in sacrestia la mattina seguente.
Da tutti era stimato ed amato per l’affetto che portava alle Persone e alle cose anche piccole. Basta ricordare un caso che ci destò invidia, perché il nostro caro amico e ricco possidente D. Basilio Tramontano, che volle cresimarsi negli ultimi suoi anni, scelse a Padrino proprio l’umile Fratello Achille, baciandogli le mani!.. inginocchiato presso il suo carroccio.
Operaio costante, che ha lavorato a tutta lena per tutta la sua vita, chiuse la sua giornata nel silenzio e nell’attesa del meritato riposo.
Il nostro caro amico l’Avv. De Vivo Carlo, che sempre lo aveva ammirato nella sua lunga vita, fece un breve Elogio funebre, pubblicato in parte dal nostro periodico “S. Alfonso”.