Pregare sempre 117_14

2  Sett. di Pasqua – Domenica in Albis – Mio Signore e mio Dio
O Signore, che io non sia incredulo ma credente! (Gv 20, 27).

• Con l’apostolo Tommaso ti adoro, mio Dio. Se come lui ho peccato di incredulità, ancor più adesso ti adoro… « Signor mio e Dio mio » (Gv 20, 28), mio Dio e mio Tutto; te e null’altro che te, io devo desiderare.
Tommaso si avvicinò per toccare le tue santissime piaghe. Verrà un giorno in cui potrò anch’io, in modo reale e visibile, chinarmi a baciarle? Che giorno meraviglioso sarà quello in cui, interamente libero da ogni traccia di impurità e di peccato, potrò avvicinarmi al Dio fatto uomo nella sua sede di gloria!
Alba meravigliosa sarà quella in cui, espiate le mie pene, con questi miei occhi potrò per la prima volta vedere il tuo volto, fissare il tuo sguardo e le tue labbra senza timore, in ginocchio baciare pieno di gioia i tuoi piedi e venire accolto fra le tue braccia.
Unico vero Amico dell’anima mia, voglio amarti già ora, per poterti poi amare in quel giorno.
Sarà un giorno eterno, senza fine, e tanto diverso dai giorni della vita terrena. Ora sento su di me il peso di questo « corpo di morte », mille pensieri mi occupano e mi distraggono e ognuno di essi basterebbe ad allontanarmi dal cielo. In quel giorno, invece, non ci sarà più alcuna possibilità di peccato… Perfetto e gradito al tuo sguardo, potrò sostenere la tua presenza senza timore e, circondato dagli angeli e dagli arcangeli, non avrò vergogna di sentirmi osservato.
Benché ancora io non sia pronto per vederti e toccarti, mio Dio, voglio ugualmente avvicinarmi a te e raggiungere col desiderio ciò che pienamente non posso ora possedere.
(J. H. Newman, Maturîtà cristiana p 303‑4).

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• O Signore Gesù Cristo, noi non ti abbiamo veduto nella carne con gli occhi del corpo, tuttavia sappiamo, crediamo e professiamo che tu sei veramente Dio.
O Signore, ti preghiamo: questa nostra professione di fede ci conduca alla gloria; questa fede ci salvi dalla seconda morte; questa speranza ci sia di conforto quando dobbiamo piangere in mezzo a tante tribolazioni, e ci conduca ai gaudi eterni.
E dopo la prova di questa vita, quando saremo giunti al traguardo della vocazione celeste, e avremo visto il tuo corpo glorificato in Dio… anche i nostri corpi ricevano gloria da te, o Cristo, nostro Capo.
(Liturgia mozarabica, da Liturgia‑ CAL 44).

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da “Intimità divina”
Roma 1992

Mio amato Redentore, anche se tu mi cacciassi dalla tua faccia, io non cesserò di sperare in te, che sei il mio Salvatore. Le tue piaghe e il tuo sangue mi danno animo a sperare ogni bene dalla tua misericordia (S. Alfonso).