5 ottobre
EFFEMERIDI C.Ss.R = 1815-1832. I Redentoristi a Bucarest ed a Filippopoli.
1815-1832. I Redentoristi a Bucarest ed a Filippopoli.
Il 5 ottobre 1815, san Clemente, su richiesta del Vicario apostolico della Valacchia, mandò quattro Redentoristi per fondare una casa a Bucarest, città scismatica, dove risiedevano un buon numero di cattolici bulgari, assolutamente abbandonati.
Questi li ricevettero come salvatori, ma l’opposizione degli scismatici diventò così accanita che i Padri, dopo sei anni di incredibili sofferenze, furono costretti a lasciare questa missione.
BERTHE, Vita di S. Alfonso, II, p. 663.
HARINGER, Vita di S. Clemente, p. 278.
Nell’anno 1832, su istanza del Nunzio apostolico di Vienna, il R.mo Padre Passerat, Vicario Generale della Congregazione al di là delle Alpi, consentì ad inviare alcuni suoi soggetti in Turchia; tuttavia questa volta non dovevano abitare più nella Valacchia, ma in mezzo ai bulgari, per evangelizzare i cattolici di queste contrade, interamente privi di soccorsi spirituali.
Durante gli otto anni di soggiorno a Filippopoli, diversi morirono di peste o in seguito al loro zelo. Ebbero molto a soffrire da parte degli scismatici.
Nel 1840, a causa delle grandi difficoltà che rendevano il loro ministero impossibile, furono richiamati a Vienna.
VILLECOURT. Vita di S. Alfonso, III, p. 387.
Rivista La Sainte Famille; 1918, p. 139.
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IN MEMORIAM.
P. Angelo Latessa. Caposele, 1755.
Il vecchio Angelo Latessa nacque a Bisaccia il 27 agosto 1688. Visse nel mondo fino a 63 anni. Entrò nella Congregazione nel 1751 per imparare a morire santamente.
S. Alfonso lo ricevé con grande gioia, dicendo:«Sarà incapace di sopportare i nostri lavori; tuttavia vedo come una grande grazia per la casa la presenza di un uomo che gli altri potranno ammirare».
Discepolo del Padre Cafaro, mortificato come lui, fu per i confratelli un soggetto di costante edificazione, soprattutto per l’osservanza della regola spinta fino allo scrupolo. Chiamava la Congregazione: la porta del paradiso.
Non potendo andare in missione, trascorreva i giorni in confessionale, dove dava a ciascuno preziosi consigli.
Dolce, affabile verso tutti, e principalmente verso i poveri ed i malati, aveva l’abitudine di dire: “Colui che non è caritatevole, non è vero figlio della Congregazione”.
Cadde gravemente ammalato. S. Alfonso gli comandò di guarire; subito la febbre lo lasciò e riprese la vita giornaliera.
Sentendosi impossibilitato ad esercitare gli uffici della casa, non permise, tuttavia che gli si impedisse di essere presente costantemente al santo tribunale della penitenza.
Quando celebrò la messa per l’ultima volta, il medico gli chiese: “Cosa vi ha detto Gesù Cristo?” – “Ci siamo fatto i nostri addii – rispose- in più, gli ho detto, di offrire questo ultimo sacrificio al Suo eterno Padre, perché all’altare non ci rivedremo più”.
Il P. Latessa rese la sua anima pura che nessun peccato veniale deliberato aveva macchiata, al dire dei suoi confessori. –«Beati mundo corde, quia ipsi Deum videbunt». Mt. 5-8.
P. BERTHE. Vita di S. Alfonso. I, p. 513.
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P. Auguste Müller. Uvrier, 1908.
Il P. Auguste Müller nacque a Parigi, il 24 giugno 1840. Alunno del seminario minore di Montigny, poi del seminario maggiore di Metz, sentì la vocazione di Redentorista e si recò al noviziato di Saint-Nicolas-du-Port.
Era dotato di grande idoneità al ministero apostolico, al governo e all’insegnamento. Perciò esercitò con successo questi incarichi. Aveva le qualità che fanno l’oratore popolare, il vero missionario alfonsiano. A dodici anni, si era proposto una norma di terminare ogni sua frase, anche giocando.
L’amore al lavoro era straordinario. Aveva un’anima poetica; si entusiasmava facilmente per i grandi personaggi e le nobili cause. La sua dottrina era sicura, attinta alle migliori sorgenti: la Sacra Scrittura, i Padri della Chiesa e soprattutto S. Alfonso.
Lo stile era puro, chiaro, molto sobrio. Missionario a Châteauroux, predicava, ogni domenica nella cappella, agli uomini della città che erano avidi di ascoltarlo. Nelle prediche grandi era maestoso e solenne.
Il P. Müller era amato e rispettato da tutti. Sotto le sembianze un po’ fredde, nascondeva un cuore molto buono e delicato. Amava la Congregazione e i confratelli di un amore senza limiti. Volle manifestarlo donando alla casa di Valence tutti i beni patrimoniali.
La devozione predominante del P. Müller fu la devozione alla Madonna. Durante l’ultima malattia diceva: «Ah! se avessi da ricominciare, condurrei una vita più perfetta».
Morì della malattia di elefantiasi, l’indomani della festa della Madonna del Santo Rosario e con i sentimenti di viva fiducia in Maria. – «Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt». Eccli 2.4-31.
Professione: 21 novembre 1865.
Ordinazione sacerdotale: 14 agosto 1864.
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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE |